domenica 18 luglio 2010

Ritorni a casa

Sin da quando mi sono interessato alla musica rock, ho sempre cercato di fare chiarezza (mentale) sulle filiazioni che venivano formandosi negli anni rispetto certi artisti che consideravo dei capostipiti. Difficilmente è possibile in realtà ricondurre tutto a qualcosa d'altro, ma è un gioco a cui mi è sempre piaciuto dedicarmi. Se togliamo i padri fondatori, le "roots", e se isoliamo due casi che secondo me è difficile collocare realmente, il fenomeno The Beatles e il complementare fenomeno The Rolling Stone e se creiamo ancora una limitazione a questo pensiero, ovvero accettiamo di interessarci della musica dagli anni '60 in poi, mi pare che tutto quanto sia accaduto successivamente possa essere ricondotto a due realtà generanti, perlomeno in termini creativi, culturali e d'ispirazione: Bob Dylan da un lato e la Factory di Andy Wharol dall'altra. Sono due approcci al fare musica diversi, con sonorità, sensibilità e punti di vista diverse. E' questa relazione qualcosa che mi sembra superare persino le componenti geografiche, tipo America, Inghilterra, Italia stessa ecc. Ovviamente è un punto di vista e come tale nato per essere messo in discussione.
Ogni anno scelgo qualche concerto da andare a vedere, ogni anno devo selezionare, anche perchè costa tutto tantissimo, economicamente, i biglietti, viaggiare, mangiare fuori, ecc., ma anche fisicamente, e il fisico, che non c'è mai stato di suo, mi sta peraltro abbandonando giorno dopo giorno. Quest'anno ho fatto un'operazione selettiva mirata: volevo tornare a casa. Volevo andare agli inizi dei percorsi, godermi il seme generante e non perdermi nei rivoli delle derivazioni, che peraltro ho negli anni abbondantemente frequentato. Così il 13 giugno sono stato a Lubiana a vedere Bob Dylan (ne ho già scritto) e il 16 luglio ero ad Azzano Decimo (vicino Pordenone) per il concerto di Iggy Pop and The Stooges. Nel 1969 esce il disco The Stooges e lo produce John Cale fondatore di The Velvet Underground, a loro volta prodotti da Andy Wharol. E' un disco, con i due successivi (Fun House e Raw power) che influenzerà molti e creerà quel suono proto-punk che segnerà di lì a venire molte figure della scena musicale internazionale.
Ad Azzano, nello spazio della Festa della Musica, fa un caldo micidiale, sono le 22.30 e ci saranno ancora circa 35 gradi. Mi metto in posizione un pò appartata, lontano dal palco, perchè il luogo è un catino d'afa e non sopporterei lo schiacciamento delle circa 4500 persone presenti. La gente ha appena sentito finire l'esibizione di un gruppo supporto che ha decisamente fatto pena sul palco (Gang of Four, veramente perdibili) e respira come una cosa sola in attesa del concerto vero. Ma Iggy non arriva e l'attesa si fa pesante, la gente urla un pò, ma fa caldo e alla fine sembra accettare l'attesa. In quell'attimo di pausa il gruppo entra pressoché di corsa; nessuno capisce nulla, è come un tuono improvviso e Iggy è lì sul palco che urla "Raw power". Io guardo Alessia che mi sta accanto e la vedo sorridere, perchè il suono è incredibilmente punk e la voce è quella calda e pastosa di un epoca rock che sembrava non esistere più. Da lì in poi è un delirio. Sono contento di non essere sotto il palco perché oggi Iggy ha 63 anni, con la pelle e il volto di un sessantenne, ma la muscolatura e la verve di uno di vent'anni. Così a dovuta distanza sembra di assistere ad un concerto negli anni'70. Fabio mi dice, ridendo, che quelle quantità di droga che Iggy ha assunto tra il 1970 e il 1980 probabilmente ad oggi non è riuscito ancora a smaltirle.
Il concerto è breve (ma è punk, non un'opera di Wagner) e quando un ora e un quarto più tardi parte "No fun", si capisce immediatamente che la festa sta per finire.
Siamo sudati fradici. Attorno a noi ritroviamo amici, conoscenti che non vedevamo da tempo. Attorno a noi sono tutti contenti. Il ritorno a casa ha dato i suoi esiti.