domenica 15 febbraio 2015

Con la fine dietro l'angolo

Mi sono sempre chiesto quale occasione porti uno a sentirsi improvvisamente vecchio (diciamo, inspessorito dentro a sufficienza da provare una certa stanchezza, ecco! Forse un pò inadatto a causa della piega presa dall'odierno). Poco fa, verso le 20.10, mi fermo con il telecomando su RAI 3, dove Fabio Fazio sta già  impersonando la parte di quello che ha già vinto la partita, e presenta gli Afterhours. E Manuel Agnelli entra in studio cantanto "a cappella" prima di far partire le solite intellettualità musicali della sua band. E poco dopo Fazio gongola nell'essersi impossessato di anche quel pò di non ancora omologato che fino a ieri girava per l'Italia, senza ancora esserne condizionato dal pozzo senza fondo che è la sua trasmissione. E dieci minuti dopo si siede e fa entrare l'ospite successivo, che è Zerocalcare. Lo intervista, ovviamente divorandone la spontaneità, e infine comprandolo, invitandolo a tornare di sabato per parlare di Kobane, dopo l'uscita del suo reportage disegnato su Internazionale. Nel giro di un quarto d'ora, anni di ricerca personale, musicale e anche fumettistica, piallati dal tritatutto della retorica televisiva. Tutto frullato nel nome del soldo. E così, improvvisamente, mi sono sentito vecchio!
(Vorrei farvi notare che giorni fa ho visto in libreria un volume autobiografico di Jane Fonda con sulla copertina la fascietta risvoltata che diceva "ospite di Fabio Fazio a Che tempo che fa"...volevo piangere, ma c'era gente in giro...che non avrebbe di certo capito!)

domenica 8 febbraio 2015

Del fuori e del dentro

In questi giorni trovo degli spazi tra gli impegni del lavoro per permettermi di rilassare la mente, che invece come sempre lasciata libera si infiamma. 
Si accende nel seguire le vicende intenazionali. Ho il desiderio di parlare di come stia vivendo con una certa apprensione questo infiammarsi dello scontro militare all'interno dell'Europa e quindi nel Medio Oriente, senza dimenticare l'Africa. Si muore in Ucraina e quindi a nord della Siria e poi in chissà quanti altri luoghi del mondo. L'azione diplomatica sembra sempre di più una proposta di "guerra fredda", mentre trovo disarmanti le parole di Francois Hollande che non rinuncia a pronunciare il termine "guerra" o di Angela Merkel, allorché parla di "escalation incontrollabile" dopo gli incontri con Putin. Ancora più sconcertanti le parole del comandante supremo della Nato, Breedlove, che, nonostante le stesse rassicurazioni non interventiste USA in Ucraina, avanza non senza ambiguità la possibilità di un intervento militare in Europa. E poi vi è la Giordania che ha tradotto nel sangue e nella ritorsione l'uccisione/esecuzione del pilota Muad Kasasbeh. Uno stato militarmente preparato, strumentalizzato dalla politica internazionale per porre argine al posto di questa agli ingiustificabili atti dell'Is. La strada è quella dell'annientamento, della barbarie che giustifica la barbarie. La strada è in salita, ma nasconde una discesa pericolosa. Il fuori è allarmante. 
A teatro ho potuto riascoltare il 06 febbraio la splendida voce di Cristian Donà, ancora impegnata con il suo tour elettrico/acustico, dopo l'uscita nel 2014 del magnifico album Così vicini. Cristina mi ha abituato alla qualità e sembra che questa sia la sua strada, avendo scelto di ripubblicare dopo anni per una casa indipendente, la veneta Quibaselunga. Vi invito ad ascoltare almeno in rete il pezzo Il senso delle cose (http://www.cristinadona.it/video/) per capire come lei sia forse l'unica vera cantautrice di caratura internazionale in Italia. A Monfalcone ha presentato con Isabella Ragonese (non nascondo anche per quest'ultima molte simpatie artistiche) il reading Italian numbers con letture da Stefano Massini e Paolo Cognetti. E' la donna al centro della loro narrazione, svolta tra musica e parole contrapposte, la condizione femminile, la violenza fisca, a volte subita, che si vorrebbe poter dimenticare e che a volte non viene denunciata; la violenza psicologica (nel lavoro ad esempio), che spesso è promossa dalla società intera, non scevra di retaggi di un passato mai dimenticato da molti forse più per tornaconto sociale che per reale educazione personale. E' questo rappresentato a Monfalcone uno spettacolo non completo, che si percepisce come disunito tra le parti, fatto di sipari in sequenza, che la musica della Donà sorregge di continuo, premiata dal pubblico con applausi sinceri. Alla fine però qualcosa sa innescare e ci fa riconsiderare il nostro dentro, per permettere di leggerci meglio, per capire fino a quanto siamo diversi da coloro che spesso indichiamo come l'altro da noi. E ci specchiamo nelle cose e capiamo dove siamo, perchè sta nella comprensione dei limiti personali l'attendibilità di una proposta di pace, questa volta intima, ma  interessando le relazioni umane al tempo stesso strutturale. Il dentro è spesso allarmante. 
Appare in conclusione come il dentro non sia slegato dal fuori e come la piccola barbarie quotidiana sappia sempre sorreggere quella universale umana. E' un discorso "edilizio" infine. Le fondamenta sono sempre la cosa più importante.
(foto Eat Death, di Bruce Nauman, 1972)