giovedì 22 aprile 2010

Bastaaaaaa!!!!

Mi sono astenuto sinora dal parlare di politica, o meglio di "partitica". Vorrei continuare a farlo, ma è difficile. I mezzi di comunicazione mi bombardano, continuamente, con tutti i fatti e misfatti che interessano e coinvolgono i nostri politici, o imprenditori, o cittadini, ecc.. Tutto il giorno e tutti i giorni parole su parole, parole su parole, che ci rendono più stupidi. Non voglio l'omertà, non sono contro il diritto di informazione, ma questo chiasso, ci sovrasta, ci distoglie dalle cose. Un tempo non sapevi niente delle cose, tutto avveniva, ma tu non lo sapevi e ti pareva fosse un male, e lo era, probabilmente. Oggi è il contrario, ma è uguale. Si è trasformato il niente con il tutto e la marea sembra uguale. Io non ne posso più di sapere, di essere continuamente messo al corrente, perché mi deprime. Non mi esalto a vedere screditare le persone che dovrei stimare, votare, che sono le stesse che decidono, malgrado il nostro voyerismo (sempre soddisfatto), del nostro futuro. Vorrei che tutte queste persone fossero onestissime, inattaccabili, preferirei non dovermi stupire di nulla. Vorrei insomma si tacesse, mi si nascondessero le cose. Perché risulta evidente che se io le conosco, le cose non vanno meglio. Io credo, invece, che ognuno di noi dovrebbe concentrarsi un pò di più su di sé. Ognuno potrebbe trovare una piccola onestà privata, che possa diventare infine contagiosa. Basta, quindi, vi prego. Basta! Fate tutti silenzio. E lavorate. Se lo fate bene e a fin di bene, meglio!
(una foto di Didier Lefèvre in Affghanistan)

venerdì 16 aprile 2010

Di una volta

E' strano perchè sento spesso parlare del dovere delle persone anziane di far spazio ai giovani. Che la gioventù è risorsa, che il futuro è dei giovani. Oddio lo è (il futuro) di certo da un punto di vista fisico, avrei molto da dire sul fatto lo sia anche su di un piano intellettuale. Mi guardo intorno, apro le riviste, vado al bar, ascolto le nuove generazioni e non trovo, come molti asseriscono, ragazzi vuoti, privi di interessi e via via a scorrere tutti i luoghi comuni. Non trovo mai stupidità. Trovo invece gente iperattiva, con mondi amplissimi, ragazzi che parlano di politica, di cultura, che parlano di progetti, che parlano di "si deve fare questo", "si deve fare quest'altro". Ecco...parlano...un sacco! Ma poi? Ma poi niente. Dal dire al fare (dal proposito, allo stancarsi per metterlo in opera) c'è una marea intera. Un sacco di progetti, di pippe mentali continue su questo e su quello. O non esageriamo, ci stanno anche figure imprenditorialemnte sane: ragazzi e ragazze che promuovono questo e smuovono quest'altro, ma poi vai a vedere nel sodo e vedi che è tutta una gran menata. Non stracapitemi, non parlo di soldi, quelli in parte sono anche bravi a farli, molti di loro sono dentro alle cose di oggi (tecnologie e vari) molto di più di quanto io potessi mai esserlo e di quanto io mi fossi mai proposto di esserlo alla loro età, ma quello di cui parlo non è il vile denaro, non è tantomeno il potere. Parlo di coerenza, di affrancamento dalle cazzate, dalle fighetterie e da quel continuo preoccuparsi del fuori e invece pochino del dentro. Certo, è anche un problema di sintonia con il proprio tempo e questo tempo è un tempo di povertà assoluta, di domande continue e di scarsa capacità di risposte.
Nel 1969, Grazia Nidasio (un'autrice che adoro per le sue opere a fumetti e per le sue vignette e illustrazioni e per la forza con cui porta avanti dei discorsi fuori tempo e al contempo perfettamente nel "proprio tempo") creò Valentina Mela Verde, un personaggio magnifico, generazionale, che nel parlare dei giovani e ai giovani, seppe proporre un linguaggio e a modo suo dare delle risposte a delle domande che i giovani di allora si ponevano.
Sul numero della rivista XL in edicola (aprile 2010), la Nidasio intervistata da Luca Raffaelli parlando dei tempi di oggi dice ricodando il suo lavoro sul Corriere dei Piccoli: ...(oggi) la realtà (è) troppo sfaccettata in un continuo divenire quasi inafferrabile. Questa frantumazione stimola rapidità e intuizioni mentali, ma lascia poco tempo per riflettere e questo spiega in parte certe difficoltà dei ragazzi (...), questa sorta di "adattamento sospeso". Raffaelli domanda: "Quanto sono cambiate le Valentine, oggi?" E la Nidasio risponde: "Le domande sarebbero certamente diverse ma anche loro avrebbero bisogno di risposte".
Sì forse è tutto un problema di domande mal poste e di incapacità nel dare risposte. Forse è tutto un problema di parlarsi, di ascoltarsi. Ma le bocche sono socchiuse e le orecchie coperte.

giovedì 8 aprile 2010

Piccole scatole emozionali n.1

Avete presente quando prendete in mano una cosa che non consideravate da tempo e nel tenerla tra le dita vi prende come un calore lungo il corpo e il cervello apre una sequenza di porte nella memoria fino a farvi considerare che quella piccola cosa, inutile fino ad un istante prima, costituisca in realtà un fondamento della vostra storia privata, di quello che siete o di quello che siete stati? Insomma vi sembra parli di voi? Avete presente? Sì? Bene in questa serie di post si parla di questo. A volte servono le parole, a volte basta un'immagine.
La prima scatola emozionale (non in ordine di importanza) è questa (più che il disco, proprio l'immagine di copertina).

sabato 3 aprile 2010

Date

Nel diario/memoria Il Mestiere / di/ Vivere/ di/ Cesare Pavese, scritto tra il 1935 e il 1950, l'autore alla data 3 aprile 1939 scrive; "Ciascuno ha la filosofia delle proprie attitudini". Tra le riflessioni, pensieri, aneddoti lasciati da Pavese nei fogli manoscritti trovati dopo la sua morte e che sono stati raccolti e pubblicate postumi da Einaudi, questa mi ha sempre colpito molto. E' scritta dopo una nota lasciata in data 29 marzo e poi fino alla data del 26 aprile Pavese non appuntò più nulla. Non ho mai dato un significato preciso alla frase di per sé, ma mi è restata in testa come una cantilena che ritorna ogni tanto. Mi pareva allora, quando la lessi la prima volta, un invito dell'autore a superare visioni e interpretazioni del mondo condotte ai massimi sistemi, per ridare all'individuo una propria dignità per ciò che è, proprio in relazione alle sue caratteristiche intrinseche. L'ho sempre considerato un invito a superare ideologie e schematismi per riconsiderare le cose nella specificità che è loro propria. O forse l'interpretazione giusta non è questa? Ma che importa!
Il gesto estremo di Pavese nel 1950, quando scelse di togliersi la vita, ha consentito interpretazioni plurime della sua contradditoria personalità. Giulio Einaudi, ricorda Ernesto Ferrero nel suo libro I migliori anni della nostra vita (Feltrinelli, 2005) definì Pavese "uomo dei dubbi", non accettando, infondo, da uomo pragmatico e "di certezze", anche politiche, incline alla "felicità" qual'era, la complessità d'autore, ma anche umana del primo. Scrive Ferrero in merito alla sua scontrosità un pò capricciosa e al contempo strumentale ad ottenere dei risultati concreti: "Pavese era un maestro di relazioni pubbliche che non si curava di tenere". E ancora: " Il dramma di Pavese è tutto qui, volersi protagonista di uno scandalo vero e condannarsi a fare il monaco amanuense nel monastero di via Biancamano (dove aveva sede la casa editrice torinese). Alla fine, per stupire tutti, mette fra sè e gli altri la distanza incolmabile di una morte cercata e voluta, estrema punizione agli amici distratti... "Chi non si salva da sé non lo salva nessuno" aveva scritto nel diario. Meno che mai lo salvano i libri. i libri non gli bastarono: erano il pallido surrogato di quello che lui avrebbe voluto essere".
Mi piace ricordare ancora un pensiero di Italo Calvino, ripreso sempre da Ferrero: "Esiste una storia della felicità di Pavese, d'una felicità nel cuore della tristezza, d'una felicità che nasce con la stessa spinta dell'approfondirsi del dolore, fin che il divario è tanto forte che il faticoso equilibrio si spezza".
E' una questione di attitudine la felicità come la malinconia, senza un meglio o un peggio, senza regole sufficienti e tanto meno necessarie. E', quello umano, un equilibrio instabile.

giovedì 1 aprile 2010

Scosse

C'è intorno troppo inutile rumore, di quel rumore che dà proprio fastidio. Credo che sia il momento di un pò di sano silenzio! Questi vocii danno del mondo una visione lisergica, non corretta, sembra un sisma continuo e invece stiamo fermi. Fermi! Ci sono troppi D.J. che si credono maestri e troppi maestri che si credono D.J.!
Mi torna in mente il testo di un canzone, che diceva:
Hang the blessed D.J.
Because the music that they constantly play
IT SAYS NOTHING TO ME ABOUT MY LIFE!
(da The Smiths, Panic, 1986)