lunedì 25 aprile 2016

Consapevole

E' il 25 aprile. Un'altra giornata con il pensiero ad una amata Liberazione. Un ricordo dentro alla Storia e dentro al proprio cuore. Quante Liberazioni ci sono state dopo l'inizio della prima, nel 1943, quante ne ha abbracciate questo Stato Italiano che continuamente ha vissuto le proprie vicende sul filo di un rasoio affilato. Quante dovrà viverne ancora. Chi può oggi alzare la mano e sentirsi libero? E rispetto che cosa? Libertà da che cosa? Me lo chiedo sempre. Nel 1943 era più semplice rispondere, perché il sentimento era charo e collettivo. Oggi questa ricerca è privata, psicologica ed individuale. Un bisogno d'aria, che spesso ti prende al petto, perché si percepisce che le cose stanno andando eppure si inciampa. Cosa ci immobilizza oggi, e ieri, e l'altro ieri? Adottare una politica individuale di liberazione. A me capita di farlo attraverso il progetto di esperienze quotidiane. Nell'immaginare queste come delle vie che si potrebbero aprire mi pare di leggervi uno spiraglio di libertà. Trovo sempre mura alte a confondermi le idee. Ma le mura non chiudono, non limitano mai veramente, anzi amplificano la percezione dell'al di là, ne rendono mitico il contenuto, ci permettono di intravvederlo per un momento nella speranza assoluta per quello che forse non è o non sarà mai. La mia storia non parla di ricordi partigiani. Ho avuto molti parenti (antichi e giganti) morti nelle guerre che chiamiamo mondiali, ma mai partigiani. Non ho storie personali da raccontare rispetto questo giorno che festeggio oggi. Eppure mai, in nessun momento della mia vita mi è capitato di mettere in discussione l'importanza di questo giorno. Che mi ricorda non chi ero, ma chi sono, una persona che in ogni momento, con le proprie idee accetta dentro di sè che la cosa più importante è sperimentare la propria esperienza di Libertà.

sabato 23 aprile 2016

Il fantasma di PJ Harvey

Leggo alcune settimane fa sul web che PJ Harvey sarebbe venuta in Italia per due reading (a Genova il 15 aprile e a Milano il 16 aprile) come anteprima del 22° Festival Internazionale di Poesia di Genova (dal 10 al 19 giugno, andateci perché gli organizzatori sono fighissimi!). Ingressi gratuiti, ma posti limitatissimi, prenotazioni online alla segreteria del festival. Sono in ritardo rispetto la comunicazione e quindi ho poche speranze, ma mando comunque una mail per Milano. Resto abbastanza stupito giorni dopo nel scoprire di poter essere tra i 200 accettati per la serata. Che potevo fare, vado! Ecco che così alle ore 20.30 del 16 aprile sono alla Casa della Cultura di Milano, in via Borgogna, seduto all'interno di una sala stipata , ma che pare un lungo soggiorno, in quinta fila, corridoio centrale, con a 4 metri di distanza PJ Harvey che inizia a leggere le sue poesie. Ovviamente, considerato (come chi legge queste pagine sa) che PJ rappresenta per me una delle tre passioni principali assolute (musicale in questo caso!) che mi accompagnano nella mia continua ricerca culturale, capirete che non ho vissuto la cosa con molto senso del reale, chiedendomi ogni tanto (anche ora che scrivo) se sta cosa sia poi veramente accaduta. PJ legge per un'ora le sue poesie tratte dal volume The Hollow of the Hand, che raccoglie oltre ai testi della musicista anche le belle foto di Seamus Murphy, già collaboratore della Harvey ai tempi di Let England Shake. Il libro ripercorre poeticamente il viaggio dei due tra Kosovo, Afghanistan e Washington DC, alla ricerca di realtà umane non facili, con l'ultima meta - come dirà la Harvey durante l'incontro - importante per capire dove vengono decise quotidianamente le sorti delle prime due. Difficile dimenticare che quei testi che PJ legge sono anche parte di quanto è stato inserito tra le canzoni dell'ultimo album della cantante The Hope Six Demolition Project che è uscito a livello internazionale proprio il 15 aprile. A fine serata qualcuno chiederà alla Harvey come possa essere che con un nuovo disco uscito il giorno prima lei sia a Milano a leggere le poesie di un libro mai uscito in edizione italiana e pubblicato nel 2015. La risposta è stata "Sto cercando di scappare!" La stessa Harvey a fine lettura si è resa disponibile per autografare il volume, ma si è potuto anche parlare, scambiare opinioni e guardare l'artista diritto negli occhi, "alla distanza di un bacio" come diceva Miela Reina in una delle sue opere grafiche. Ho potuto alcuni giorni dopo acquistare il nuovo disco, appena uscito nei negozi. Un disco di "retorica" politica ha detto qualche critico, ma ben sappiamo che anche la parola Libertà è fatta di retorica assoluta, dipende sempre dalle argomentazioni che sai dare personalmente a quel termine; vi invito quindi ad ascoltarlo questo nuovo lavoro musicale dell'artista inglese, perché è un lavoro talmente contemporaneo e al tempo stesso senza tempo che ascoltarlo mi ha veramente lasciato senza respiro, e vi anticipo già che non è un capolavoro e che non è il migliore della sua produzione, ma hai voglia a stare dietro a questa piccola donna inglese. Unica regola della serata milanese era quella di non scattare delle foto (qualcuna la trovate qui, visto che i giornalisti fanno sempre eccezione a se stessi http://xl.repubblica.it/articoli/pj-harvey-legge-the-hollow-of-the-hand/35614/), ecco così che me ne resta una del palco vuoto prima del reading, a dimostrare come dicevo già prima che la cosa, almeno per me, non è mai successa veramente. Peccato però! Maledetti sogni a occhi aperti!

domenica 3 aprile 2016

Piccole scatole emozionali n.18

Cedo alla nostalgia, avendo saputo che ieri, sabato 2 aprile, è scomparso Gallieno Ferri. Era un disegnatore incredibile che ha fatto con il suo tratto la storia di Zagor, una delle testate principali dell'attuale Sergio Bonelli Editore. All'incontro artistico e umano tra Sergio Bonelli e Gallieno Ferri si deve nel 1961 la nascita del personaggio, forse a quel tempo tra i più complessi del mondo del fumetto seriale italiano, già postmoderno allora, per i citazionismi e le trame che prendevano spunto dal cinema e la letteratura di genere. Sergio Bonelli si faceva allora chiamare Guido Nolitta e scriverà le storie di Zagor sino al 1980. Gallieno Ferri disegnerà tutte le copertine della testata (cosa di per sè già incredibile) e molte delle storie, specie all'inizio, del percorso editoriale. A me questa scomparsa suscita alcune emozioni. Zagor (assieme a Topolino) è di certo stato il primo fumetto ad avermi completamente conquistato, acquistandolo per anni, dal 1975, dal numero 122 ("Addio, fratello rosso!") e sino al suo numero 300 (il 351 della Collana Zenith). Le vicende che mi portarono a desiderare ed infine ad avere tutti i numeri precedenti a quel primo acquisto sono perlopiù legate alla nascita di una passione vera per il fumetto, che mai mi abbandonerà in seguito e che costituiscono i tasselli di quella scatola emozionale che in breve chiamerei: infanzia e adolescenza! I disegni di Gallieno Ferri sono stati per me una delle chiavi d'accesso verso un mondo intero. Oggi nel constatare una morte, mi tolgo il cappello e ringrazio. Lo ricordo con questo schizzo che mi fece al volo passandomi al fianco, mentre lui scendeva una scala e io la risalivo. Non si fermò nel vedermi porgergli il foglio, lo abbozzò mentre percorreva i cinque gradini che seguirono la sua discesa. Sono passati circa 25 anni da allora!