domenica 14 settembre 2014

Hayao Miyazaki, mon dieu!

Tra qualche anno, se avrò la fortuna e avrò la pazienza, la forza e lo stimolo per aggiornare ancora questo spazio virtuale, raccoglierò probabilmente le mie parole sull'ultimo film di Hayao Miyazaki (da ieri nelle sale italiane per pochi giorni) tra le righe di un post forse collocato nella cartella "Piccole scatole emozionali". Maledetto Miyazaki! Si alza il vento, questo il titolo italiano del film, che riprende un verso di Paul Valéry e che anticipa la chiusura della sua lirica Cimitero marino: "Le vent se lève...Il faut tempter de vivre!". Il cimitero marino di Valéry si trova a Sète, nella Linguadoca francese. Ci sono salito, a piedi, sul colle che lo ospita, nel primo pomeriggio d'agosto di alcuni anni fa. Non lontano vi è un piccolo museo con varie opere autografe di Valéry stesso. Una visita fatta in solitudine, che mi emozionò molto. La frase del poeta apre idealmente il film del regista giapponese e lo accompagna per tutto il suo svolgimento, non come citazione, ma come contenuto significante. Miyazaki ha introdotto in questo suo ultimo film (ultimo in senso assoluto) tutto se stesso, facendone un'opera inarrivabile e che lo colloca infine, a diritto, tra i maggiori registi di sempre, come Fellini, come Truffaut, come Altman, e Chaplin e Antonioni. In sala a vedere il film molte nonne che accompagnavano i loro nipoti o famiglie con figli. Bambini ammutoliti, che non hanno compreso fino in fondo il valore del film, assolutamente inadatto a loro non tanto per i temi quanto per la complessità culturale che sa trattenere. Molte nonne provate invece alla fine del film dall'impatto emotivo che questo trasmette. Tra le immagini che scorrono sullo schermo una riflessione magistrale sul senso del progetto, sul ruolo del progettista, sulla dignità umana quale valore (poche volte così pienamente espressa); sulla presa di coscienza del significato della vita, della sua pienezza, comunque sia. Maledetto Miyazaki, con questo suo film calato nella Storia e che parla alla nostra storia privata, quella di ciascuno; un film a cui in futuro non saprò non ripensare; e che mi martellerà positivamente dentro, specialmente quando ne avrò forse maggiormente bisogno di ora.
Infine, ricollegandomi al mio post precedente, mi accorgo ora come sia il film, sia la poesia di Valéry, possano essere letti in chiave di un superamento dell'"osservazione/speculazione" a favore dell'"azione/vita", dando forza immateriale al progetto che mi sta in queste settimane assorbendo.
 
(vi lascio questa foto del regista con l'autografo che mi fece nel 2005, accompagnato da un inchino. Il mio fu allora e oggi più ampio del suo)