sabato 25 luglio 2015

Piccole scatole emozionali n.17

Le Corbusier nel 1975, dopo aver ascoltato a casa di un amico americano Search and Destroit di Iggy and The Stooges, avendo già avuto sentore della crisi profonda in cui sarebbe caduta l'architettura contemporanea e futura specialmente, vara una nuova linea di T-Shirt che anticipano il fenomeno culturale del Punk. Geniaccio di un Corbu!!
(copyright dell'immagine originale degli aventi diritto)

sabato 18 luglio 2015

Inside&Outside

Padiglione Svizzera - EXPO 2015
Vi è sempre la necessità di contemperare le istanze del "dentro" con quelle del "fuori". Con gli anni che passano la fatica si alimenta nel distinguere le istanze che il fuori propone, dalle risposte che volontariamente e inconsapevolmente ci sentiamo di garantire, stimolati, anzi provocati, da ciò che ci accade intorno. Nascono così i pensieri e nascono di conseguenza così anche i cosidetti intellettuali. Giorni fa Francesco De Gregori, intervistato su Pasolini, diceva che c'è sempre bisogno di intellettuali, ma che, nonostante il debito sia grande verso lo scrittore scomparso a Ostia nel '75, sarebbe utile vi fosse infine un superamento, aprendo la nostra attenzione verso nuovi pensieri. Ma ciò è realmente possibile, oggi, dato che le domande del "fuori" appaiono molteplici, troppe, oltre che condizionate dalla comunicazione mediatica, e considerato che le proposte del "dentro" sono disarmate, atterrite direi, nella frammentazione dei pensieri che la frenesia esteriore determina? Quindi? Il "dentro" propone. Un imbarazzante inadeguatezza nel vivere le vicende quotidiane di un confronto impari tra popolazioni dalle culture diverse. Popoli che si scoprono istante dopo istante "non identici", incapaci di garantire risposte semplificate, esasperati da una coabitazione (fisica) difficile, fatta di usi, modi e costumi diversi, pur nella piena sovrapposizione delle esigenze primarie e delle spinte emozionali. E pare, tra le righe, che più cresce la dimensione della compresenza fisica, più si alzano le difficoltà nel comprendersi. Si elevano dunque anche i toni e si abbassano, invece, le difese di ciascuno. Le menti "più semplici" danno risposte di pancia, stranianti, che rivelano insofferenza, ottusità, oppure utilizzano parole forti e gesti imbarazzanti. Gli altri se ne stanno semplicemente zitti o rispondono con la retorica dell'integrazione e dell'assistenzialismo, che traduce infine una apparente complessità di pensiero nella povertà del gesto. E quindi si scopre che è ancora tutto da fare, ancora tutto da capire. Siamo all'inizio e non siamo preparati.
Ancora da dentro. Un'insofferenza quasi fisica rispetto la sterile proposta con cui le menti "più complesse" confondono, con consapevolezza,  ricerca culturale e finalità economica. Gli eventi culturali (i festival letterari, cinematografici, fumettistici...; le stagioni teatrali, i concerti, di musica jazz specialmente...) si ripetono uguali a se stessi nelle forme e nelle proposte, indifferenti agli obiettivi etici e mossi da una apatia organizzativa, figlia di una esigenza di cassa, direi, e di credito personale, infine. Nessuna ricerca appare estranea ad un tornaconto specifico, facendo leva sulla passione (di pochi, volontari perlopiù) e sulle aspettative di protagonismo della massa dei fruitori, mossi dall'assoluta confusione tra il "fare" e "l'esserci". Un'insofferenza fisica, quindi, che porta ad agire per rifiuto e che si trasforma in rigetto. Un bisogno di profondità che prende coscienza della superficialità, che capisce (e rispetta) cosa muove quest'ultima, ma che cerca anche di comprenderne le ragioni più intime, senza riuscire ad adeguarvisi. E parallelamente la consapevolezza che nella prateria virtuale del web ogni nostra parola "non critica" (positivamente critica, non futilmente critica, oppure critica senza un personale bisogno di protagonismo) finisca soltanto per amplificare il tutto. 
Qualcosa sul "fuori". Il "fuori" è ben rappresentato dall'EXPO in corso a Milano. In quarta o quinta elementare (con la scuola cioè) visitammo ormai alcuni decenni fa (nel 1976, credo) l'appena inaugurato parco divertimenti di Gardaland. All'EXPO, che ho visitato nelle settimane scorse, ho avuto la sensazione di rivivere quell'esperienza scolastica. Non amavo le attrazioni ludiche allora e non ho amato i giri di giostra che i vari padiglioni nazionali hanno saputo offrire ai propri visitatori. E se certe installazioni visive del Padiglione Zero (con il graffio "radicale" di Michele De Lucchi) o del padiglione giapponese, assieme a certe finezze architettoniche, artigianali, del padiglione dell'Azerbaijan hanno saputo catturare la mia attenzione, solo alcune idee forti proposte dalla Svizzera e soprattutto dall'Austria, mi sono sembrate tematicamente centrate e sotto certi punti di vista "critiche".
Padiglione Giappone - EXPO 2015
Padiglione Austria - EXPO 2015
Per il resto solo retorica, e della più becera, attorno ad un tema importante come è quello dell'alimentazione, oltre che la trasposizione in solido di una cultura pressoché esclusivamente visiva che esiste già in abbondanza tra le "pareti" del nostro PC privato. Ecco infine che il senso generale e profondo dell'EXPO si incontra  proprio là dove te lo aspetti, nello stand dei gadget del padiglione italiano (quello stesso padiglione dove vengono ospitate alcune stanze interamente rivestite da specchi, anche nei pavimenti, che oltre a far rimbalzare ed estendere visivamente le immagini in alta definizione delle bellezze naturali italiane, sanno mettere a disagio molte delle ospiti femminili mostrando in bella vista i loro indumenti sottogonna...poveri noi!).
Padiglione Italia - EXPO 2015
Tra gli slogan stampati con fierezza sulle t-shirt in vendita, a fare da contrappunto imbarazzante alla retorica di ORGOGLIO ITALIA, si nota infatti l'emblematico TUTTO FA BRODO. Mi pare che il "fuori" parli esattamente quel linguaggio lì.
Padiglione Italia - EXPO 2015