domenica 11 novembre 2018

Lucca Comics ecc. e il fumetto

Partiamo dalla fine. Il miglior fumetto visto in giro è di Josephine Yole Signorelli, in arte Fumettibrutti. Il suo Romanzo esplicito si racconta riprendendo un linguaggio narrativo che ricorda per ispirazione il Poema a fumetti di Dino Buzzati, con dei contenuti che starebbero bene tra le parole di Altri libertini di Pier Vittorio Tondelli (Postoristoro!!!). E le parole che l'autrice usa, per  come le compone, appare non solo originale, ma anche inusuale, capace di offrire un effetto spesso straniante. Un piccolo fumetto (molto piccolo nella forma, ma non nella sostanza), con potenzialità enormi, tra l'altro sostenuto dalla forza comunicativa, del tutto voyeuristica, derivante dai temi espliciti che hanno reso conosciuta l'autrice, nonché dal suo non rinunciare a mettersi continuamente in gioco in prima persona. 
Fumettibrutti con Silvia Ziche sul palco a Lucca per Feltrinelli
Arrivo a Lucca dopo aver letto questo fumetto e lascio Lucca senza averne trovato uno migliore. Punto, fine della premessa.
Lucca 2018 è stata la dimostrazione del peso commerciale assunto dal prodotto fumetto dopo alcuni anni di attenzione mediatica attorno ad esso. Fumetto (fumetto?!?) dovunque e ovunque. A ciascuno il suo. Chi non ne capisce, oggi, forse si sente un pò escluso, come trovarsi in un bar alla domenica pomeriggio e non conoscere il significato del termine "calcio". Alcuni, presi da quest'ansia di sapere, si redimono, dopo aver sputtanato per anni il fumetto "come cose per bambini/ragazzi" e si danno una nuova veste intellettuale attorno ad esso. Alcuni non mollano e rimarcano la loro distanza, perché se lo fanno tutti allora forse è un bene distinguersi. E quindi è tutto un far chiacchiere di arte minore e maggiore o disquisire della difficoltà personale di correlare immagini e parole (ma pensa un pò!!). 
Sono stato a Lucca per sentirmi raccontare i fumetti, per acquistarli e per discuterne con altri appassionati o esperti. Che poi mi trovi di continuo a presenziare a spettacoli, proiezioni, incontri, dove il fumetto viene inserito in contesti "crossmediali" (cavolo, sta' parola piace a tutti, sembra come quando da bambini potevamo finalmente dire m...a senza vergogna!), questo è una altro paio di maniche. 
Kobane Calling di Zerocalcare ripreso a teatro
Lo Stato Sociale a Lucca per Feltrinelli Comics
"Carota" fa il verso a Recchioni sul palco de Il Giglio
Matsumoto disegna se stesso alla fine dello showcase musicale
Tutta sta' cosa che il fumetto si porta sulle spalle mi pare un pò svilire la capacità del medium di sapersi esprimere benissimo con voce propria, con un linguaggio preciso e autonomo, di sintesi precisa e declinazioni infinite. Forse a guardarsi indietro è sempre stato così, tutto parte dal connubio tra immagini e parole, dal racconto, dalle storie e poi il contesto si fa parassita, per trovare strade ritenute "maggiori", ma che in fondo, invece, sono solo la brutta copia dell'originale. Infine anche la ricerca della dedica disegnata (me la fai sul libro, me la fai sul foglio...!!), dell'autografo come prassi abituale e insistita, legata all'acquisto dei volumi, mi pare qualcosa di strumentale e ormai del tutto estranea all'interesse verso la cosa in sé, che poi sarebbe possedere un libro per leggerlo, con il fine di immergersi dentro una storia raccontata e quindi poter evadere dalla realtà, oppure caderci dentro fino in fondo (vedi Fumettibrutti). 
In fila per dei biglietti a mattina presto
Muoversi dentro i padiglioni di Lucca, tra gli stand, frequentare gli incontri è per i suddetti motivi entusiasmante, ma allo stesso tempo in parte frustrante. Soltanto quando vedo tra la folla (immensa) alcuni gruppi di ragazzi comprare un fumetto e sedersi sul cordolo di un marciapiede o sui gradini di una chiesa lucchese e quindi leggerlo con voracità assoluta, condividerlo, discuterlo, scambiarselo, allora mi ricordo come era realmente per me (per noi) anni fa: una passione vera, un fuoco che ti brucia dentro, senza tante parole, senza tanti discorsi. Un fuoco. Esattamente quello. Oggi forse, per i più, non pare più così e, sinceramente, se del fumetto se ne parli alla televisione o in prima pagina sui quotidiani nazionali, a me non importa più di tanto, da lettore intendo. A volte, frequentare Lucca è come partecipare ad una convention partitica..."quelli che votano il fumetto!!"..., esaltati nel sentirne parlare bene, aggressivi percependo che ne stanno parlando male. E' un'ideologia. A Lucca è come essere dentro un vortice di voci inistite degli editori, degli operatori, dei critici (pochi), dei nerd, un vortice che annienta continuamente la cosa in sè, quella per cui siamo stati tutti lì, l'oggetto finale, il prodotto finito, non quello commerciale, ma il contenitore dei contenuti: il giornaletto, oggi diventato libro. In questa baraonda di sensazioni, tra le file (lunghissime) per andare di qui o di là, alla fine veder disegnare dal vivo Leiji Matsumoto, incontrare insieme Neal Adams, Walter Simonson e Arthur Adams, oppure stare lì a fare un giro in mostra con Neal Adams come cicerone delle sue tavole, appare come un'esperienza "normale", mentre in altri momenti sarebbe stata un'occasione "unica". 
Josè Munoz, Neal Adams e Matsumoto sul palco de Il Giglio
Neal Adams e Water Simonson a fine incontro
Movan e Cebulski chiacchierano di fumetto
Neal Adams ci racconta le sue tavole
Tutti a Lucca, quindi, con la sensazione che nessuno si stia godendo realmente il momento, pensando a qualcosa che è successo subito prima o potrebbe venire subito dopo. Il presente è lasciato allo scatto di una foto, che archivia l'istante e lo rende di fatto indifferente, amplificato a volte (spesso) tra le pagine evanescenti dei social. Tutta l'esperienza lucchese  mi pare venga ormai vissuta dai più come un grande gioco, anch'esso in fondo virtuale, dimentichi di come alla fine si sia andati lì per scoprire le mani, quelle che lavorano su di un foglio bianco e come sempre fanno da tramite ai pensieri. A quelle rendo qui di seguito omaggio.
Le mani di Barbara Baldi e il suo phon (genius!)
Le mani di Giorgio Cavazzano
Le mani di Charles Forman
Le mani di Faith Erin Hicks
Il braccio tatuato di Skottie Young
Le mani di Fumettibrutti
Le mani di Junji Ito
Le mani di Liz Climo
Le mani di Trevor Hairsine
Le mani di Mikio Ikemoto
Le mani di Jm Ken Nimura
Le mani di Walter Simonson
Le mani di Paolo Eleuteri Serpieri
Le mani di Leiji Matsumoto
Le mani di Arthur Adams
Le mani di Ronan Toulhoat

Le mani di Thomas Campi
Mentre fuori si continua  a parlare, parlare, parlare..., se ne restano là da sole, ora, queste mani, di nuovo lontane dai riflettori, operose e a volte venate, nella solitudine di una stanza, da un simpatica "tristezza".