giovedì 24 gennaio 2013

La vita è troppo contemporanea

Interessante scoprire che molti abbiano letto il post precedente come un'affermazione di intenti e non abbiano colto (almeno in alcuni passaggi) una voluta ironia di fondo. Che sia l'abitudine a sentire cose campate in aria? Partendo da quelle note di fine anno si arriva a scriverne ora qualcun'altra per approfondire alcuni degli spunti evidenziati.
Partiamo da qui. Sapete che i cittadini degli Stati Uniti possono proporre delle petizioni sul sito della Casa Bianca e farle votare (leggi raccolta consensi) da altri cittadini? Tra queste interessante è la "petizione all'amministrazione Obama per garantire risorse e finanziamenti per l'inizio della costruzione della Morte Nera entro il 2016". Sì, la Morte Nera, quella di Star Wars di George Lucas! Le motivazioni della petizione sono (tradottemi da Alessia al volo): "Concentrando le risorse per la difesa in una piattaforma spaziale e in un sistema di armi come la Morte Nera, il governo può stimolare la creazione di posti di lavoro nei campi della costruzione, dell'ingegneria, dell'esplorazione spaziale e altri, e rafforzare la nostra difesa nazionale". Sono oltre 35.000 i firmatari della petizione a partire da primo, tale John D. di Longmont (Colorado). Ora in Italia a fronte di una petizione del genere il governo ci avrebbe mandati a quel paese, e infatti è successo per petizioni ben più importanti e concrete, oppure saremmo finiti su qualche settimanale, tipo L'Espresso o Panorama, nella pagina delle "curiosità"; invece sempre da sito ufficiale della Casa Bianca, la risposta è arrivata a fronte del numero importante di firmatari, da Paul Shawcross, capo della sezione Scienza e Spazio all'Ufficio di Management e Budget della Casa Bianca. Le risposte sono state tre, geniali: 1) La costruzione della Morte Nera è stata stimata più di 850 milioni di miliardi di dollari. Stiamo lavorando per ridurre il deficit, non per espanderlo; 2) L'amministrazione Obama non sostiene pianeti che esplodono; 3) Perché dovremmo spendere una quantità infinita di dollari dei contribuenti per una Morte Nera con il difetto fondamentale che potrebbe essere fatta esplodere da una navicella spaziale guidata da un solo uomo?.
Ora, queste risposte, sarcastiche, certo, nascondono però alcune verità: la stima del costo è stata fatta da un gruppo di studenti del Collage of Business and Economics della Lehigh University; qui gli studenti, come in altri contesti similari di studio americani, sono chiamati ad affrontare verifiche di stima, di fattibilità economica e di ricerca scientifica, anche su realtà assolutamente fantasiose, stimolando la ricerca e l'abitudine a svolgere considerazioni pratiche. Questa ricerca, apparentemente campata in aria, produce consapevolezze tecniche. produce indirettamente "innovazione" e "crescita". Vi invito ad andare nelle nostre rinomate università e verificare il livello della ricerca; a verificare la qualità della spesa nella ricerca. Vi invito poi a confrontarvi con il livello medio culturale tecnico-scientifico e umanistico degli studenti universitari italiani e poi, ma qui si cade nel banale, del ruolo che questi assumono nella società culturale e produttiva. Per capire ciò, basta entrare in alcune delle aziende italiane, quelle che magari producono anche per l'esportazione all'estero, che ne so, quelle a contratti prevalentemente metalmeccanico o chimico, che anche producono componenti di livello medio  o medio/alto, e contare sulle dita, di una sola mano, il numero di laureati assunti. Bene, come possono queste realtà imprenditoriali, oggi in crisi di liquidità ecc., affrontare la sfida della crescita e soprattutto la sfida proposta dai politici per garantire la crescita per il tramite dell'"innovazione"? Come pensano di farlo? Affrontando l'"innovazione" con la sola esperienza operaia del tempo che fu, con format di archiviazione, di elaborazione e promozione che appartengono al mondo di "ieri"; con strategie manageriali del "taglia e incolla"? E' un problema che parte dall'istruzione, dalla scuola e dall'università, per il garantismo a cui è costretta la prima e per la finta cultura tecnica a cui si è destinata la seconda. Per l'assenza di cultura che accompagna la maggioranza del mondo imprenditoriale; non cultura scolastica, ma cultura intellettuale. Ma non è poi in fondo proprio questa cultura intellettuale, "umanistica" che l'università vuole indebolire e dimenticare? Provate a leggere i piani di studio delle facoltà italiane per informarvi su ciò. E' un circolo chiuso, dove tutto è lasciato alla chiacchiera da bar, al commento sulla partita di calcio, al ricordo della bistecca mangiata la sera prima e naturalmente bagnata della "cultura" del vino.
Un personaggio del libro "Cosmopolis" di Don Delillo (uscito in Italia nel 2003 per Einaudi e dal quale è stato poi tratto anche un film, non eccezionale, da David Cronerberg nel 2012), dice tra le righe una frase importante: "La vita è troppo contemporanea". Sì, è così, la vita vive troppo nell'oggi per affrontare con dovuta distanza, le questioni del presente. La vita rincorre, è la storia a trarre le conclusioni. Così è forse inutile sperare di affrontare nell'oggi la complessità contemporanea. Ci basti vivere, lasciandoci nelle mani dell'improvvisazione di chi ci confonde con presunte certezze.
P.S. Sapete quanti sono gli architetti negli Stati Uniti (cinquata stati e un distretto federale)? Sono 50.000. Sapete quanti architetti ci sono in Italia? Sono 150.000. Senza contare poi i geometri. Quindi: perchè oggi si fatica a lavorare in Italia?