sabato 29 giugno 2013

Instant-report n.1

La trasposizione a fumetti del romanzo Il richiamo di Alma dell'autore triestino Stelio Mattioni (scomparso nel 1997) è in questi giorni ospitata dalla pagina culturale de il Piccolo di Trieste. Vanna Vinci, che si è cimentata nell'impegno, è indubbiamente una grande autrice; e ciò è dato dalla sua attenzione pluridecennale per il linguaggio dell'arte sequenziale, che pratica con successo dagli anni '90, ma ancora di più dalle sue frequentazioni appassionate di quanto prodotto dal mondo letterario, artistico e culturale in genere. Vanna, come dicevo, è una grande autrice, specialmente perché ha conoscenze e motivazioni adatte per farlo; e ciò è un insegnamento per chiunque intenda avvicinarsi professionalmente al fumetto. Il lavoro di Vanna è oggi la dimostrazione della centralità che un fumetto può assumere quale strumento di apertura verso un panorama culturale amplissimo e di portata internazionale. La sua opera, dalla recente biografia sulla marchesa Casati (edita da Rizzoli Lizard) e quindi a ritroso sino alla sua prima esperienza con le ambientazioni triestine, Aida al confine del 2002 (edizioni Kappa), risulta esempio di una ricerca che va oltre il dato documentaristico, per arrivare alla piena coabitazione tra storia, memoria, racconto, condizione e partecipazione emotiva. A Vanna i "fantasmi" sono sempre piaciuti, forse per quel tramite tra "ieri" ed "oggi" che essi vanno simboleggiando; per il loro saper porsi quali guide, non tradite dalla contemporaneità, per l'odierno. Era inevitabile che il personaggio di Alma di Mattioni andasse a solleticare l'interesse dell'autrice, visto che quel personaggio si pone come "fantasma" per eccellenza nel saper tradurre lo spirito non straniante, ma al contempo impalpabile della città di Trieste.
Mentre la storia di Alma e del suo "attonito" scopritore e aspirante si va dipanando tra le pagine del quotidiano (due uscite settimanali dal 29 giugno e sino a settembre), proprio in questi giorni Stelio Mattioni, nome spesso dimenticato e comunque non solito nell'essere riproposto con notorietà nella voce dei più, è riapparso ancora sulle pagine de il Piccolo di Trieste (involontaria pubblicità all'iniziativa editoriale che coinvolge un suo libro, ma splendida occasione di discussione attorno al ruolo dell'eredità culturale degli autori scomparsi) per l'attenzione posta dal bibliofilo ed editore Simone Volpato sul fondo dello scrittore, oggi in lascito alla figlia Chiara e alla moglie Maria. Il Volpato ha proposto nei giorni scorsi al comune di Trieste di farsi carico (culturale) del fondo stesso, individuando una sua collocazione pubblica che possa garantire allo stesso visibilità per i più (libri, manoscritti, carte, scambi epistolari con Levi e Montale tra gli altri, da mettere a disposizione di cittadini e studiosi). L'assessorato alla Cultura triestina ha risposto, sempre attraverso le pagine del quotidiano, nei termini di una impossibilità economica e strutturale per l'esposizione del materiale, e di come le aspettative dei privati nei confronti dell'attenzione delle istituzioni per la valorizzazione di specifici lasciti risultino perlopiù eccessive e conseguentemente dispersive negli obiettivi; da qui la disponibilità, invece, all'acquisizione per la sola catalogazione e conservazione. Insomma, grazie, e quel che poi sarà sarà! E' stata impagabile la risposta alle istituzioni, ancora sulle pagine del quotidiano, di Chiara Mattioni, nel sottolineare che una localizzazione (una sezione), anche dimessa, nella Biblioteca pubblica che peraltro porta il nome dell'autore triestino, potrebbe risultare forse già un economico punto di partenza nella collaborazione con l'ente pubblico. Ha scritto l'erede (cfr. il Piccolo del 28 giugno c.a.): "Ma se molti eredi di illustri concittadini hanno scelto per i lasciti la via dell'esilio, un motivo ci deve essere. Forse perché meglio dispersi e sperabilmente vivi che tutti insieme in una Spoon River in cui il tempo, inesorabilmente, cancella persino i nomi dalle lapidi". E' così! E' proprio così! Sono parole appropriate. Il "pubblico" sa essere rapido divoratore di memorie; difficilmente ha i mezzi e la volontà per la valorizzazione del bene pubblico, figuriamoci quello privato. Il "pubblico" sa creare depositi su depositi, cimiteri preziosi che la patina dorata di memoria ruskiniana potrebbe rapidamente impreziosire, e che invece vengono annullati nell'oblio del tempo. La storia dei lasciti è una escalation rapida e inesorabile, e così riassumibile: donazione, lodi, peso insopportabile, manutenzione vantata e negata, archiviazione, sparizione (mentale e a volte fisica), poi forse la riscoperta quale nuovo miracolo. E' l'Italia che nega se stessa, che sbaglia il rigore calcistico dopo i tempi supplementari (e che si gongola per il bel gioco, per la tecnica dimostrata, rinunciando ad accettare la sconfitta che comunque c'è; Italia-Spagna di questi giorni in Brasile ne è un esempio, non nuovo purtroppo). Un paese immeritevole verso i propri lasciti e che aspetta alcuni fantasmi da incaricare quali nuove guide nel tentativo sempre rinnovato di ritrovarsi. Ma i fantasmi stanno nei romanzi, nei fumetti, mentre la realtà si impolvera e svanisce, e non lo fa per disgregazione, come sarebbe forse più naturale succedesse, ma per sublimazione, che è metodo impalpabile e molto meno compromettente.

Mentre scrivo scopro che Margherita Hack è morta. Se ne va un'"anomalia", struggente nella sua tenera e grezza materialità. Astrofisica e lascito essa stessa del proprio ricordo e dei suoi innumerevoli libri (ventimila e più andati al Comune di Trieste, mi pare di aver sentito). Durante un'intervista la sentii ricordare che la morte non le procurava paure, poiché quando si è vivi la morte non c'è, mentre quando la morte arriva non si è più presenti. Era un falso problema insomma, un problema di tempistiche e di presenze. Non vi potevano essere cadute sulla strada della laicità che la scienza impone. Buon riposo tra le stelle.

giovedì 6 giugno 2013

L'odierno

Oggi. Le città sono organismi svuotati dai loro organi vitali e abbandonate alle masse muscolari delle loro architetture imperfette. Le architetture sono scatole protette da pelli importanti, e vuote dentro. Arredate da un mobilio dall'apparenza significante, ma privo di un proprio carattere. Usato da persone atteggiatesi per ruoli di spessore, che nascondono poi inconsistenze esasperanti. Persone animate da pensieri stravaganti o nobili, che nascondono inconsapevolezze sia sociali, che individuali. Oggi, a guardare bene, il peso del nulla appare eccessivo!
(foto: omaggio a Banksy)

domenica 2 giugno 2013

Festa e...basta! Springsteen forever!

Nulla da segnalare..... nulla da segnalare....... nulla da segnalare. A parte un concerto di Bruce Springsteen a Padova, venerdì 31 maggio, allo Stadio Euganeo. Nulla da segnalare... a parte che Springsteen se ne è uscito in acustico con la sola chitarra e armonica e ha aperto il concerto con The Gost of the Tom Joad, provocandomi dei brividi incontrollati addosso che non provavo da tempo, mentre al mio fianco una springsteeniana ravennate, con me al concerto, aveva anche una lacrima sulla guancia e non si capacitava del perché. Nulla da segnalare... a parte che poi, con Boom Boom di John Lee Hooker, Springsteen ha fatto saltare la scaletta del concerto e portato una non springsteeniana monfalconese, con me al concerto, a saltare scatenata tra la folla. N.d.s.... A parte che poi Springsteen fa quello per cui sei forse andato lì, ad un altro suo concerto ancora, con il freddo e la prevedibile pioggia che poi quasi non cade, e sceglie di suonare tutto Born to Run, l'intero LP, da Thunder Road fino a Jungleland, che alla fine nemmeno ci credi. N.d.s.... Festa e basta, per il miglior concerto di Springsteen a cui abbia potuto partecipare, per il migliore che forse mi sarà dato di ricordare.
(nell'istant-loop del video, una fan portata sul palco suona la chitarra del Boss assieme a lui, mentre 40.000 altri fans cantano e saltano con lei)