domenica 24 gennaio 2010

Un pensiero per Giorgio Gaber

Qualcuno mi scrive, interrogandosi se la dicitura "effettosinistro", che accompagna la mia mail di riferimento al blog, costituisca un'affermazione di mal nascosta appartenenza politica. Lo chiede, come se la cosa potesse interessarmi o avere importanza. Come se si dovesse sempre prima mettere in chiaro le cose per potersi esprimere, per la paura di essere fraintesi, diciamo. Credo che le idee, le idee oneste (nel senso di non condizionate) non abbiano bisogno di una collocazione partitica, forse politica, nel senso etimologico, ma di certo non partitica. Ho già spiegato in uno dei post archiviati sotto l'etichetta: "istruzioni per l'uso", il motivo di "effettosinistro", non serve riprenderlo. Ma tutto questo discorso mi porta alla mente una delle persone più libere che mi sia stato dato conoscere. Conoscere non personalmente, se non in maniera sfuggevole dopo un concerto del 1993 al Politeama Rossetti di Trieste, ma artisticamente. Parlo di Giorgio Gaber, uomo colto e mai retorico, nel senso della sua capacità infinita di estendere la propria cultura oltre credi aprioristici.
E' un caso che parli di lui e credo che ne parlerò ancora in seguito. Il caso vuole che domani, 25 gennaio, cada il giorno del suo compleanno (ne avrebbe ora 71 di anni). Il suo ultimo disco è uscito il 25 gennaio 2003, ovvero 24 giorni dopo la sua morte. Si intitolava: Io non mi sento italiano. Mi ricordo le polemiche del tempo legate a questo titolo; mi ricordo di come pochi giorni dopo l'uscita, mentre eravamo a Livigno, io e Giovanni, apprendemmo dalla radio di come il disco stesse scalando le classifiche, arrivando anche al primo posto della top ten degli album/CD. Mi ricordo di come pensammo a quanta idiozia ci sia nell'uomo che sa guardare ai propri tesori con finta attenzione solo quando non è più tempo per farlo e alla retorica tutta costruita mediaticamente di quella vendita sorprendente: come era stato per De Andrè, come sarà in futuro per molti altri. Mi sovviene però in particolare un commento fatto da Sandro Luporini, che ha sempre scritto con Gaber i testi del suo teatro/canzone e che si esprime così a proposito del senso della canzone Io non mi sento italiano: "Prendevamo in giro proprio quelli che dicevano, credendoci, di non sentirsi italiani, comportandosi proprio come tali. Abbiamo sempre pensato che gli italiani, siano degli artisti della vita: hanno un'intelligenza, un'intraprendenza incredibili che si scontrano, però, con un invincibile pigrizia che li assale ogni volta debbano confrontarsi con le grandi questioni, a cominciare dalla politica. E' quella pigrizia che ci ha consentito di sopportare vent'anni di fascismo". Ebbene, dentro e intorno a me di pigrizia ne sento e scorgo molta, troppa. Ad ogni angolo si vedono solo foglie che, se stanno in alto, aspettano inerti di cadere in basso, com'è d'altronde inevitabile prima o poi avvenga.