E' un caso che parli di lui e credo che ne parlerò ancora in seguito. Il caso vuole che domani, 25 gennaio, cada il giorno del suo compleanno (ne avrebbe ora 71 di anni). Il suo ultimo disco è uscito il 25 gennaio 2003, ovvero 24 giorni dopo la sua morte. Si intitolava: Io non mi sento italiano. Mi ricordo le polemiche del tempo legate a questo titolo; mi ricordo di come pochi giorni dopo l'uscita, mentre eravamo a Livigno, io e Giovanni, apprendemmo dalla radio di come il disco stesse scalando le classifiche, arrivando anche al primo posto della top ten degli album/CD. Mi ricordo di come pensammo a quanta idiozia ci sia nell'uomo che sa guardare ai propri tesori con finta attenzione solo quando non è più tempo per farlo e alla retorica tutta costruita mediaticamente di quella vendita sorprendente: come era stato per De Andrè, come sarà in futuro per molti altri. Mi sovviene però in particolare un commento fatto da Sandro Luporini, che ha sempre scritto con Gaber i testi del suo teatro/canzone e che si esprime così a proposito del senso della canzone Io non mi sento italiano: "Prendevamo in giro proprio quelli che dicevano, credendoci, di non sentirsi italiani, comportandosi proprio come tali. Abbiamo sempre pensato che gli italiani, siano degli artisti della vita: hanno un'intelligenza, un'intraprendenza incredibili che si scontrano, però, con un invincibile pigrizia che li assale ogni volta debbano confrontarsi con le grandi questioni, a cominciare dalla politica. E' quella pigrizia che ci ha consentito di sopportare vent'anni di fascismo". Ebbene, dentro e intorno a me di pigrizia ne sento e scorgo molta, troppa. Ad ogni angolo si vedono solo foglie che, se stanno in alto, aspettano inerti di cadere in basso, com'è d'altronde inevitabile prima o poi avvenga.