sabato 16 gennaio 2010

Haiti

Alcuni giorni fa (13 gennaio) un terremoto violentissimo ha distrutto l'isola di Haiti. Distrutta veramente, poichè le immagine passate dai media sono realmente impressionanti.
Quanta retorica si può spendere attorno a questo tema? Non vi è fine, volendo. Personalmente credo che le immagini che ci arrivano dalla televisione siano inguardabili: siano troppo. Troppo per chiunque sia in grado di guardare con passione alla vita umana. Denotano, quelle immagini (tutte, nessuna esclusa), una tragedia nuova che si sedimenta su un dolore antico. Quanta retorica si può fare attorno alla situazione politica, sociale ed economica di quei luoghi? Non credo mai abbastanza. Un cronista dice, mentre la telecamera passa su corpi a terra senza vita (accanto a corpi in piedi che si interrogano se quella è vita, rispondendosi quindi affermativamente perchè non ne hanno mai conosciuta di tipologia diversa), che la prospettiva media di vita di queste persone è di 50 anni. Penso alle persone anziane, qui da noi, lamentevoli e intolleranti a 70/80 anni per un'anca fastidiosa, per la calvizie incipiente, per delle rughe sotto gli occhi. Quanta retorica si può fare sul disastro mentale di noi umani contemporanei e abitanti di questi paesi "cosidetti "evoluti"? Ciò che ci aspetta è un futuro stracolmo di retorica, incapace di riflettere ed esprimersi se non a retorica.
Di questo mondo io ne faccio parte e retoricamente dico che questa gente massacrata dall'uomo prima e dalla natura ora, mi impone un lacrimevole silenzio e un lutto interiore. E ciò che è più grave è, per la mia inerzia, per la mia inadeguatezza, per la mia pigrizia, la consapevolezza di svegliarmi alla mattina nel mio morbido letto e non aver la possibilità di fare nulla, nulla di realmente concreto.
(nella foto Murales di Keith Haring a Pisa, 1989, particolare)