domenica 1 luglio 2012

L'Italia s'è desta?

Questa sera si gioca Italia -Spagna, finale dell'Europeo di calcio polacco-ucraino 2012. E' meglio scrivere prima che si giochi la partita, perché saranno ugualmente insopportabili le pantomine infinite e il florilegio di aggettivazioni inusitate che subiremo nel caso di vittoria o il trauma autoconsolatorio e autogiustificativo in caso di sconfitta. Siamo italiani, siamo umani, viviamo un'epoca mediatica, quindi è così. Mettiamocela via!
E' questo, prima della partita, un ottimo momento per parlare di Italia e per parlarne come se ne parla al bar, perché è estate e e perché tra poche ore saranno tutti in piazza o al bar (con maxischermo incluso, ovviamente). Una premessa, non sono un detrattore, nè uno sciovinista, chiariamo subito: io alle ore 20.30 sarò davanti allo schermo e tiferò Italia, perché mi fa piacere farlo, ma pariteticamente, finita la partita, chiuderò la faccenda, consapevole di come un evento sportivo di tale caratura possa apparire determinante per un paese come il nostro e tantopiù ora, nel luglio 2012. Tempi di crisi, negata per mesi e mesi e ora mediaticamente palesata nella bocca e nei comportamenti di tutti. Il paese non è lo stesso di quattro anni fa, o meglio la consapevolezza del proprio stato si è completamente modificata. La consapevolezza è uno stato etico, è parlare con il linguaggio appropriato; e oggi, magari nascondendoci solo un pò dietro il cuscino, stretto al petto come scudo inutile, finalmente usiamo parole adeguate. Crisi è crisi. Malessere è malessere. E così, consapevoli, ogni occasione data ci permette di esorcizzare il timore che le nostre aspettative possano essere state frustrate non temporaneamente, ma per sempre; che il futuro possa tornare roseo, ma di un rosa più tenue di quanto lo fosse stato fino a poco tempo fa. Ecco quindi che il 28 giugno, come sempre per caso, sul palcoscenico internazionale, l'Italia si scopriva impegnata in un doppio confronto con la Germania calcistica e politica e palesava di poter contare, mentre i media trasferivano ad un popolo nuovi scampoli di identità sopite. Certo come è tipico dei media le notizie escono confuse, e così la sensazione è che mentre Mario Ballottelli pone e impone condizioni tenaci al cancelliere Angela Merkel, l'altro Mario, Mario Monti, forte di due tiri in porta esclude la Germania dalla supremazia calcistica europea. Passa sullo schermo, durante la partita calcistica, l'immagine di un tifoso italiano vestito dal protagonista del videogame Super Mario, come esempio traslitterato delle esperienze virtuali che stiamo vivendo. La partita finisce 2-1 per l'Italia, e a livello europeo passa un'idea d'Europa diciamo più "europea", ma tutto appare quasi virtuale. Solo scendendo in strada dopo la partita e vedendo un gruppo di scalmanati pseudo-tifosi italiani aizzare altri pseudo-umani urlanti e saltellanti sui tetti dei furgoni, mentre la polizia fa fatica a contenerli e mentre dietro famiglie, ma anche persone sole in macchina, festeggiano a colpi di clacson, capisci che stiamo nel mondo reale. Capisci che si sta urlando non per festeggiare, ma per sputare sulla strada frustrazioni personali o determinate anche da un periodo storico preciso: il nostro. Contemporaneamente 600 immigrati o naturalizzati tedeschi si scontravano a Wuppertal con 800 tedeschi che apostrofavano i primi con cori razzisti. E similarmente a Wolfsburg, a Monaco, anche a Berlino. Notte di festa virtuale e mentale e di affronti e stupidità reali. In Italia intanto ci si svegliava e si andava al lavoro e sullo schermo passavano oltre agli elogi calcistici, al seguito del carro dei vincitori, le posizioni dei soliti politici, in rappresentanza dei vari schieramenti partitici: ciascuno con un proprio distinguo analitico e con la triste consapevolezza virtuale di contare molto, pur nell'incapacità reale di rappresentare stati d'animo e sensazioni. La disillusione passa per il blu, per il rosso, per il nero e per il verde, che per quanto si voglia dire è pur sempre un colore della bandiera italiana. Ci si smarca di continuo da qualcuno e da qualcosa e l'atto politico si riduce a questo, perchè è talmente impegnativo farlo e comunicarlo, che la produzione di fattibili idee imporrebbe turni doppi, che nessuno vuole accettare. Infine le chiacchiere restano e il disagio crea ancora distinguo, che non portano forse nuovi colori, ma generano comunque nuovi gruppi di definizione e altre chiacchiere, che pur passando per il web, sono pur sempre le stesse, amplificate e apprezzate perché diverse, ma non necessariamente più convicenti. E mentre si parla, per voler sentirsi partecipi e solidali, si inserisce qua e là sempre la parola Emilia. Una terra provata quella emiliana. Mi hanno fatto specie questi paesaggi che qualche gigante ha attraversato, posando qua e là i piedi su qualche casolare, su qualche monumento, lasciando a terra macchie isolate di rovine. A metà strada tra noi professionisti (io sono un architetto) e il saggio uomo della strada, aleggiava da sempre l'idea che "guarda le case di oggi, che sembrano solidissime, ma sono invece costruite male; guarda i monumenti antichi, che sono invece eterni!". Sì, ecco, appunto! Per l'Emilia è stato tutto un mettere in moto gruppi di lavoro, solidarietà, e meno male, meno male che ci sono le persone che hanno un senso di responsabilità verso il prossimo. Il problema centrale è quello della dichiarazione di agibilità dei fabbricati, si mandano professionisti preparati in sito a valutare, professionisti volontari e non pagati. L'agibilità di un fabbricato viene fatta a vista, senza strumenti, senza alzare le malte, senza prove non distruttive pertinenti, senza soldi insomma. Solo professionisti volontari in gruppi di lavoro a guardare qua e là fessure, lesioni, così, per esperienza passata. Poco importa se una lesione su un muro a sacco possa risultare diversa di quella sviluppatasi su di un muro pieno con mattoni maschiati a dovere. Se il professionista è serio deve dare un parere, ma se è veramente serio non può assumersi la responsabilità in carenza di certezze provate. Meglio dichiarare un edificio inagibile che andare a tentativi. Resta quindi la sensazione che questi territori dovranno subire condizioni di inagibilità prolungate. E' inutile creare false aspettative, come è stato per il centro di L'Aquila, ed ecco, allora, come ci si rende forse conto che l'inverno non è lontano e che il problema è enorme. Il punto va fatto a freddo, va fatto a settembre, sperando offra un quadro della situazione più rosea di quanto a caldo e con il caldo appare ora. Insomma l'Italia, che si vorrebbe destare, ma che sente ancora il sonno arretrato, che di sollevarsi sente il bisogno, ma non ha ancora la forza di togliersi dalle membra le pesanti coperte. Il Presidente Napolitano, ha saputo dire dopo la vittoria calcistica italiana, che quella con la Germania era stata un'impresa senza aggettivi, che non c'erano parole per dire quanto gli azzurri fossero stati grandi. E in effetti, in genere, io credo (e vorrei venisse letto senza alcuna nota qualunquista) che gli aggettivi possano mancare spesso e non solo in quell'occasione, e spesso non per qualificare la grandezza, ma forse meglio la confusione. In bocca al lupo italiani.