venerdì 5 marzo 2010

Reduce e sorridente

Riprendo alcuni temi del post precedente, poiché credo non si possa sempre solo dire cosa non va, ma si debba anche essere propositivi e indicare delle strade. Io credo che ogni dittatura possa essere vinta, purché ci sia convinzione nelle idee (che non sono ideologie), perchè ogni dittatura propone a sua volta idee retoriche, che a lungo andare vengono a noia e, alfine, lasciano il passo. La dittatura dell'assenza va combattuta e non necesariamente con la presenza (nel senso di presenzialismo e di protagonismo), ma con la forza del fare, con piccole grida che sono come gocce che da sole inumidiscono e basta, ma una dopo l'altra bagnano. Per dirla con una massima da Bacio Perugina: "finchè c'è una passione c'è anche una ragione di vita". Io ho sempre creduto nella cultura, ma, attenzione, non nell'autoreferenzialità culturale e tantomeno nella cultura quale maschera di protagonismo. Mi piacciono le fabbriche di cultura, ovvero piccoli spazi della coscienza (che a volte diventano spazi di condivisione), allorché uno si mette a fare ricerca attorno qualcosa, ci mette l'anima e piano piano vede che le cose possono funzionare, hanno un senso. Il mio impegno è sempre stato nel senso dell'educazione. Imparare ad ascoltare e poi trasmettere: educare a guardare, educare all'appassionarsi alle cose. Mi è sempre sembrato che la dittatura dell'assenza possa essere combattuta con piccoli gesti che possano animare interessi sopiti, spesso sconosciuti.
Io credo che tutta l'attività che ARTeFUMETTO ha svolto in questi anni sia stata finalizzata a questo. Nessuna mostra o incontro organizzato ha portato una gratificazione fine a se stessa , ma un'occasione di poter trasferire una passione, nel nostro caso verso l'arte sequenziale, il fumetto. Per altri sarà qualcosa di diverso. In questo senso è stata una buona occasione , quella offertaci dal Consorzio Culturale del Monfalconese , che ha ospitato nella sede di Ronchi dei Legionari, dal 19 al 28 febbraio, una piccola (ma importante) mostra incentrata sull'ultimo lavoro a fumetti di Walter Chendi, ovvero La porta di Sion, edito da BD Edizioni di Milano. La storia, ambientata a Trieste nel 1938 al tempo della proclamazione delle leggi razziali da parte di Benito Mussolini e incentrata sul percorso iniziatico che un ragazzo triestino ebreo compie verso l'età adulta, ha consentito di trattare tematiche legate al linguaggio del fumetto, ma anche temi storici ed etici in genere. Il 19 febbraio ho potuto parlare di fumetto e storia difronte a molti ragazzi delle scuole medie di Ronchi dei Legionari (vedi la foto): alcuni erano interessati, altri meno, ma si è creato in loro un ricordo attorno ad una proposta nuova, culturale nel senso nobile del termine, e mi ha colpito che forse anche le professoresse hano valutato un modo nuovo di affrontare certe tematiche. Il giorno 26 febbraio, la sera, mentre fuori imperversava un bel temporale, molte persone hanno scelto di partecipare ad un incontro di presentazione de La porta di Sion, negli spazi della mostra: con il bravo Walter Chendi, con il noto autore di fumetti Vittorio Giardino, ma anche con Donato, Matteo e Stefano del gruppo teatrale Daidaloi, che hanno letto passi tratti da testi correlabili ai temi del libro e anche con Alessandra e Sergio che hanno suonato musiche klezmer e yiddish. In due ore intense si è parlato di fumetto, letto di storia e poesia, suonato e credo si sia dato sfogo ad una mia convinzione: che ogni cosa vada rappresentata dando adito alla complessità che la sottende. Questa per me è cultura. Se in qualcuno dei presenti (i ragazzi del 19 febbraio o gli adulti del 26 febbraio) si è creata una briciola di interesse verso qualcosa, qualsiasi cosa, ecco che allora la dittatura dell'assenza ha incassato un piccolo "colpetto" alle sue fondamenta.