domenica 3 agosto 2014

Leo Ortolani

Vorrei raccontare di un periodo a cui ripenso con una certa nostalgia, un periodo in cui potevi andare alle fiere del fumetto, stare lì in fila parlando con le persone più svariate, poi chiacchierare con gli autori, farti disegnare qualcosa, ecc. ecc.. Un periodo dove chiunque ti disegnava qualsiasi cosa anche se non acquistavi nulla, o magari se spendevi mille lire per un suo albo e non centinaia di euro per edizioni stra-limitate pur di avere uno scarabocchio indietro a rovinare le stesse. Un periodo dove non avevi bisogno dei bigliettini come alla posta per un autografo e di certo non dovevi stare lì a rispettare orari per ricevere un ticket con cui poi partecipare a umilianti sorteggi (durante i quali capisci spesso benissimo a cosa sia disposto l'animo umano pur di raggiungere un proprio fine, anche se benevolo). Ho avuto l'occasione di conoscere Leo Ortolani nel 1997, ad una fiera a Bologna, prima che iniziasse la pubblicazione della collana Rat-Man Collection per la Marvel Italia. Se ne stava al tempo ancora libero dall'assalto dei fans con le sue produzioni spillate disseminate sul tavolo. Lo ritenevo già allora un ottimo disegnatore e lui di disegni in quell'occasione e in quelle a seguire me ne fece molti. Ci rivedemmo ad una fiera a Padova. Lui mi prendeva in giro chiamandomi in fiera ad alta voce con il nome di Aldo, cosa che rimandava ovviamente al suo personaggio di Venerdì 12 (uno sfigato), che allora usciva su L'isola che non c'è, mi pare. Il fare era quello da nerd a nerd, da geologo ad architetto. Poiché gli incontri non erano ovviamente molti, poiché io risposi per gioco più volte al suo appello al nome di Aldo, come se realmente mi chiamassi così, Ortolani finì per credere che Aldo fosse veramente il mio nome. Io stetti al gioco e ho in cassetto diversi disegni dedicati ad Aldo. Prima di tale discesa agli inferi, Ortolani ebbe il tempo però per un ultimo disegno a mio nome: si disegnò come  un Batman che dice a voce altissima: Ciao Robin!, e io vengo ritratto ovviamente da Robin ed esclamo: Non lo sopporto! Passammo poi (come Leo e Aldo) nel 2001 alcune ore insieme di un pomeriggio domenicale settembrino all'Hotel Quark a Milano (durante la Convention autunnale) a guardarci in TV un Gran Premio di F1, seduti su un gigantesco divano e sparando sciocchezze varie. Mi fece in quell'occasione un disegno di Rat-Man anni '20, poichè avevo con me una penna stilografica (chissà perché?). Poi il successo, che rese impossibile ogni avvicinamento, le code a rischio incidente a Lucca, i bigliettini, i sorteggi, ecc. ecc. Non ci si scambiò più nulla e in fondo va bene così. Si stava meglio quando si stava peggio, ecc. ecc.. Lagnanze varie. Tutto questo resoconto nostalgico per dire che ieri ho letto il n. 103 di Rat-Man Collection. Ortolani disegna in maniera superba, lo fa già da anni ormai. Con uno stile che richiama i maestri americani da lui imitati e certi tratteggi nelle ombreggiature che mi ricordano Giorgio Cavazzano. Ma all'interno delle sue storie comiche, divertenti e divertite, ogni tanto passa fra le righe qualche siparietto che fa capire, in toto, la statura dell'autore completo. Vi racconto uno di questi incisi comici e caustici allo stesso tempo, introdotto nella storia per parti che appare appunto sul n.103. Siamo all'interno di una riflessione sul ruolo dei supereroi (tipica di Ortolani), nella società di Rat-Man ed editoriale contemporaneamente. Ortolani con nostalgia rimpiange le "cose semplici e colorate" di un tempo, la semplicità dei supereroi di un tempo. Ortolani attraverso delle didascalie prosegue il suo pensiero, mentre protagonista nelle vignette è una ragazza. Ortolani la accompagna in una scelta che appare diffficile, scrivendo (vado parafrasando) che mentre una volta c'era il bene e il male, poi con il nuovo millennio le cose si sono fatte più complesse. Oltre al bene e il male, c'è così "il bene fatto male" e "il male fatto per il tuo bene", oppure, per seguire qualcosa di più giovane e trasgressivo, il "me ne frego". Naturalmente queste opzioni sono offerte alla ragazza da una commessa, che all'indecisione della ragazza la invita a fare una prova in un camerino. La ragazza entra, chiude la tenda e gli appare un immigrato africano che le chiede, cestello delle elemosine alla mano, di aiutarlo, perché non lavora, i suoi bambini non hanno da mangiare. La ragazza risponde: "Me ne frego!"; ed esce dal camerino riferendo alla commessa: "E' comodissimo! Mi piace!". La venditrice sottolinea: "Lo sente come si adatta? C'è dentro un 20% di ignoranza che lo elasticizza e rende più naturali le decisioni". La ragazza si convince: "Lo prendo". Ecco, tutto questo in 12 vignette, che sono un inciso alla storia principale. Nemmeno due facciate per spiegare una società intera (la nostra) e come va il mondo (oggi). E poi, se parli con la gente per strada, i più considerano che il fumetto sia cosa per bambini! A chiudere, un saluto a Leo Ortolani, autore e fumettista grandissimo.
(lo struzzo non è un disegno di Ortolani, ma di Chris Ayers)