domenica 21 aprile 2013

Performance al Teatro Italia

E' vero. Le vicende del mondo reale determinano stati di fibrillazione, che portano al desiderio continuo di comunicare la propria frustrazione di spettatori passivi. La rete diventa, quindi, un grande psicanalista, soltanto che invece che comodamente sdraiati sul lettino ci si trova sempre chinati su di una tastiera. Le vicende politiche di questi giorni hanno scatenato la rete, perchèéla frustrazione è stata in questa occasione veramente grande. Mi riferisco all'elezione del nuovo Presidente della Repubblica, ed ho voluto parlarne a vicenda conclusa, ma prima di poter assistere a quanto seguirà nei prossimi giorni. Insomma, nonostante tutto il Presidente della Repubblica si è infine individuato. Che sia stata una vittoria o una sconfitta l'aver voluto/dovuto eleggere di nuovo Giogio Napolitano, comunista migliorista della prima ora e ora grande saggio nel far ordine tra le mancanze dei partiti e del Parlamento, è tutto da comprendere e analizzare. Restano alcuni dati di fatto. Giorgio Napolitano è un uomo adeguato e stimato, ma un uomo di 87 anni, con un desiderio acceso di pensionamento, da lui stesso dichiarato ("ripensare a me come Presidente è quantomeno ridicolo", asseriva non più di un mese fa). E' stato messo all'angolo dai partiti a causa del suo senso dello Stato. Il fatto che questo "buon ripiego" sia stato consumato dinanzi a tutti e nella consapevolezza mediatica (e non solo dei politologi o degli storici) trasforma questo gesto di impotenza dei partiti in gesto assoluto di resa dinanzi alla complessità delle vicende attuali. E ciò impone una prima considerazione: la strada per una repubblica presidenziale "di fatto" è aperta. Napolitano ha chiarito le condizioni sine qua non e detterà, come ha ribadito nel suo discorso post elezione, termini (nel senso di situazioni) e termini (nel senso di tempi) del suo lavoro. Un presidente "padre", che prende per le orecchie i figli maldestri e li rimette in riga, e un presidente a tempo. E' un dato storico, è un dato che potrebbe aprire la strada anche in Italia all'elezione diretta del Presidente. Ma la necessità di un presidente forte, e il fatto che egli abbia 87 anni, pone una seconda questione: politico non è un aggettivo sostantivato, bensì un mestiere. Non si diventa politici per caso: ci vogliono le scuole e Napolitano viene da studi ferrei, appartenenti a discipline proprie di altri tempi. E' quindi un monito per tutti quanto è successo: la competenza non è solo una condizione aggiunta, ma centro stesso della questione. Non basta avere idee, non basta avere carisma. Nel momento stesso in cui in Parlamento si sono viste agitare le mani e batterle, in segno di vittoria e stima, si è compreso che è stata posta una pietra tombale su trent'anni di politica in Italia (dall'inizio degli anni'80 in poi). Parole sagge sono state dette da Napolitano ieri, e parole apprezzabili sono state dette da Stefano Rodotà nel dimostrare contrarietà a "nuove marce su Roma" nella serata dell'elezione del primo (invocando correttamente la legalità costituzionale). E questo pone una ulteriore questione: a quale democrazia pensiamo per questo paese? La rete, con la sua forza mediatica e la sua instabilità (fibrillazione-frustrazione, appunto) è uno strumento di democrazia diretta: ma è questo un paese adeguato ad una democrazia diretta, con i suoi entusiasmi, con la facilità con cui sappiamo alzare le mani al cielo e poi nasconderle? Non credo sia un caso che i costituzionalisti ci abbiano indirizzati verso una democrazia rappresentativa, offrendoci quegli strumenti di corrispondenza tra Parlamento e cittadini che sono le elezioni, i partiti, il referendum come caso principe. Di certo questo sistema ha dimostrato per cause dirette e indirette varie falle: dirette perchè i cittadini si dimenticano di voler esercitare il diritto di voto, andandosene a spasso o standosene a casa e celandosi dietro il paravento del non-voto di protesta, quando dovrebbero invece, scheda alla mano, farsi sentire, e forte; indirette, perchè i partiti si dimostrano sempre più inadeguati. E questa inadeguatezza presuppone il punto uno, già descritto, ovvero la mancanza di competenza specifica, aggiungendovi l'orgoglio personale e infine la non completa libertà di pensiero. Inoltre il sistema rappresentativo italiano, minato da queste limitazioni dirette e indirette, ci ha purtroppo portato a sentirci spesso sudditi impotenti a casa nostra, e l'indecente condizione in cui versa la "cosa pubblica" (intendo soprattutto le città, i beni culturali, la società civile, e non solo l'economia, che è peraltro spesso risultato diretto delle prime tre cose) ne è stato lampante esempio. Ora, mentre Napolitano, uscito dall'impotenza del semestre bianco e nuovamente forte di uno strumento di persuasione non banale, qual'è la possibilità dello scioglimento delle camere (tutti a casa piace poco a tutti!), potrà anche incidere realmente sulla cosa Italia (se lo vorrà), qui in Regione Friuli Venezia Giulia siamo in attesa in questi giorni di conoscere gli interlocutori della corrispondenza rappresentativa (si vota oggi e domani); a fronte di ciò, credo sia opportuno liberarci per un attimo dell'impotenza che la televisione e la rete determinano e, indipendentemente dalle idee, andare a votare, sfruttando questo strumento antico per sentirci tutti meno "connessi", ma di certo più incisivi.
(nella foto un'opera di Simone Miani per l'allestimento del PALAZZO conTEMPORANEO all'ex UPIM di Udine dal 12 aprile al 12 maggio 2013)