giovedì 10 maggio 2012

Tenacia e incapacità

Devo essere sincero. Di queste settimane, come poche altre volte, mi pare ci sia poco da scrivere. In realtà da commentare ce ne sarebbe: succede di tutto. I risultati delle elezioni, la crisi e i suicidi continui, quasi ci fosse nell'aria improvviso qualche virus che li determini, a catena; la disoccupazione, le questioni sindacali, l'antipolitica (che poi questo termine mi pare realmente improprio, in quanto attorno alla politica forse non c'è mai stato tanto interesse come adesso, al sentimento politico intendo, alla riscoperta di esso; diremo quindi forse "antipartitica"), l'Egitto, la Russia, la Francia e la Germania, la Siria e così via. E così via. Ma questi temi non sono e non stanno in questo blog. Resta l'idea che quasi tutto stia deflagrando nel calderone del qualunquismo. Ogni cosa appiattisce una seconda e a finire il secchio resta sempre vuoto. Mi pare stia tutto nell'uso delle parole, nell'incapacità di chiamare le cose con i termini giusti: indifferenza è indifferenza e questi tempi sono tempi, non acritici, non poveri, non insignificanti, ecc.; sono invece tempi dove regna l'indifferenza. Tutto ha valore, tutto ha un valore e al contempo ogni cosa ne risulta ormai privo. Siamo un popolo stanco, annoiato per troppe possibilità, aspettative e consapevolezza. E la colpa primaria sta forse nell'abuso della parola. Un continuo commento al commento, che commenta il commento. Si parte da A e non si arriva mai. Nel percorso tutto si annulla, ogni significato, ogni qualità...è l'onda di Palomar nel racconto di Italo Calvino...è l'onda che non puoi distinguere dal complesso che la definisce come tale...un'onda intangilbie, non separabile se non attraverso strategie e scelte... e come Palomar si finisce in questa ricerca per perdere la pazienza e, "coi nervi tesi", come si è arrivati alla spiaggia ci si allontana rapidamente da essa, infine più insicuri di tutto. Da questa insicurezza, che nasce da una strategia ben precisa messa in atto dalla stessa società che abbiamo contribuito a dequalificare e che pochi hanno interesse a sostenere per rendere spenti i più, trova spazio l'indifferenza: non si è mai sciocchi, lo si diventa, e spesso involontariamente, chi per troppa ricerca e chi per il gusto di alzare le spalle.
Italo Calvino ha scritto, genialmente, Palomar per Einaudi nel 1983, mentre io oggi, umilmente, di questo mio oggi, non riesco a scrivere compiutamente.