domenica 11 dicembre 2011

a) Impossibilità di una rinuncia

Paradossalmente mai come in questo periodo, in cui tutti stanno a bocca aperta a gridare la parola "crisi", mi pare di percepire come centrale il valore che il denaro è andato assumendo nella nostra vita quotidiana. "Lacrime e sangue" dice qualcuno, "tirare la cinghia", qualcun'altro. Mai come ora mi pare di percepire l'inadeguatezza di queste frasi. Non hanno più alcun significato reale. Sono figlie di tempi lontani, sono parlate in lingue che non capiamo. Straniere e esse stesse sintomi di malattie radicate. Indietro non si torna! Non lo credo possibile! Si potrà andare avanti a fatica, ma la rinuncia al "chiasso" e al "troppo" non ci appartiene più. Come concetto, come percezione, prima che come fatto in sè. Facciamo finta di saper rinunciare a tutto, ma non ne siamo capaci. E non conosciamo più l'altra faccia di noi, quella profonda, psicologica, che ci muove ogni giorno nella ricerca "dello stare bene", nonostante le cose. Tutti questi pensieri me li ha provocati oggi una visita domenicale ad un centro commerciale. Mi si è rotto il frigo e ne cercavo quindi uno nuovo. Senza un frigo non si vive più. Dentro l'ipermercato c'era il mondo sensibile e insensibile intero. Il mondo sensibile era perlomeno fatto di gente consapevole di dov'era, quello insensibile di gente inconsapevole delle motivazioni che lo avevano portato lì, di domenica. Si sono, anzi ci siamo, comprati di tutto. Domani avrò a casa il mio frigo. Ad un certo punto, aspettando il mio turno per dare i dati al banco elettrodomestici (il mio turno... come alla posta... la gente in fila... a colpi di trecento, cinquecento euro a botta), ho perso completamente la cognizione di dov'ero. Per resistere mi sono concentrato sulla radio che trasmetteva la voce di una quarantenne che parlando in diretta diceva al DJ queste parole: "La prego di volermi dedicare questo pezzo (musicale)... che mi ricorda quando andavo, il sabato sera, a ballare... ed ero felice, con le mie diecimilalire in tasca... e niente altro!" Ci ho pensato molto a quelle parole. Al fatto che quella persona alla radio ci stesse pensando la domenica mattina di un dicembre del 2011. Mi sono ricordato anch'io di quelle diecimilalire in tasca, che a volte erano cinquemila. Che ero sereno, in bicicletta dovunque... che i miei col cavolo che mi davano più di diecimilalire! Mi sono ricordato di tutte le sovrastrutture che ci siamo creati, e che non costano mai diecimilalire. La prima immagine che mi è venuta in mente è quella che vi propongo qui di seguito.Un'immagine che come il resto non ci appartiene più, che come il resto non siamo più in grado di ritrovare dentro di noi. E lo dico io, che a quarant'anni dovrei forse invece chiedermi che cosa potrebbero allora dire i miei genitori settantenni: i miei eroi per sempre.