lunedì 23 maggio 2011

Dario Fo

Domenica 22 maggio ho avuto la fortuna di assistere all'incontro teatrale (non troverei termine migliore) che Dario Fo ha tenuto a Gorizia a chiusura del programma di e'Storia (Festival Internazionale della Storia). E' stato un incontro magnifico, per la grandezza dell'attore e dell'uomo. L'uomo Fo ha trasmesso, a fronte di posizioni che inevitabilmente possono apparire come estremiste ad alcuni, ma che tradotte nel linguaggio dell'allegoria del quotidiano riescono a farsi accettare con benevolenza, un messaggio etico e di speranza, che mi ha veramente commosso. Mi ha colpito come ha parlato dei giovani, del loro compito, della loro esigenza di comunicare, di trovare forme di espressione. Massimo Cirri, noto conduttore radiofonico, ha perso di fronte a Fo il suo ruolo di moderatore. Fo ha fatto tutto da solo: dopo un intervento bellissimo sul significato di "pace" espresso da Chiara Frugoni, ha rappresentato due sue messinscene, la prima sulla predominanza dell'uomo di cultura rispetto quella dell'eroe, raffrontando Atene e Sparta, l'una restata nella memoria della storia per il suo lascito artistico, l'altra persa nell'oblio del tempo nella sua costante ricerca dello scontro; la seconda nel racconto de "Il tumulto di Bologna" (dal "Fabulazzo osceno"). Poi ha chiamato i giovani sul palco e ha portato la sua riflessione che vi dicevo; infine ha chiesto a tutti di riflettere su quanto era stato sino a quell'istante espresso e quindi terminare lì. Quella conclusione, così poco scontata, così inadatta al momento, mi è sembrato un lascito da portar caro, che ha testimoniato la levatura di un premio Nobel. Nè gli organizzatori, nè Cirri hanno voluto proferire parola ulteriore. Il pubblico è esploso in una vera ovazione. Prima dell'inizio dell'incontro, Dario Fo, nell'aspettare che un altro ospite del festival completasse il proprio spazio, gironzola, con le sue gambe ormai fatte deboli dall'età (85 anni) nel giardino che ospita la rassegna goriziana. Seguito da lontano dalla gente che lo aspetta e lo riconosce, avvicinato da alcuni, si siede infine su di una panchina. E' su quella panchina che riesco a scambiare alcune battute con l'attore, sulle elezioni di questi giorni a Milano, a chiedergli un autografo. Lui è gentile a voler concedersi per una foto comune. Non avevo ancora assitito in quel momento all'incontro che seguirà, l'attore non mi aveva ancora divertito e l'uomo non mi aveva ancora fatto pensare. Nel rivedere a posteriori la foto che mi ritrae con lui, comprendo che resterà, a fronte di quanto ho visto e ascoltato, un ricordo importante. Mi sembra di capire meglio quella frase di Jorge Luis Borges quando nel riconoscere all'"individuo" una priorità tra le cose tangibili e intelleggibili, ricorda: "Sì, un individuo è più o meno reale, benché tutto questo sia ancora da verificare, ma in ogni caso è più reale delle generazioni, più reale delle nazioni, più reale di tutti gli "ismi"". E' per me questa una lezione etica superiore, con la quale filtrare il presente, le sue intolleranze e le sue idiosincrasie.