sabato 6 novembre 2010

Foglie d'autunno e leoni

Il 16 ottobre sono a Venezia per la Mostra internazionale di architettura della Biennale di Venezia. People Meet in Architecture, sotto la direzione di Kazuyo Sejima. E' la 12° edizione e io mi ricordo la prima volta che vi andai all'inizio degli anni '90, se non ricordo male alla 2° edizione, per vedere i progetti del concorso per il "nuovo" Padiglione Italia, che oggi è ancora lì, "vecchio" come lo era allora. Ho visitato gli spazi dell'Arsenale. Non vi è più distanza tra installazione architettonica e performance artistica. Non capisco se sia un bene o un male, credo un male. La parola che percepisco di più nell'aria, dalla gente o rivolta alla gente, è sicuramente "idea": "bell'idea", "idea interessante". Il piano a cui tutto sembra fermarsi è questo, quello dell'idea. La speculazione intellettuale basta? Lo sguardo curioso ed elaborato sul mondo è sufficiente? Per fare architettura, intendo.
E' forse al padiglione Italia allestito sempre all'Arsenale che trovo alcuni spunti interessanti. L'esposizione è di Luca Molinaro, dal titolo Ailati. Riflessi dal futuro (Italia scritta al contrario, ancora giochi, ancora autoreferenzialità intellettuale, uffa!). Qui i progetti esposti si lasciano guardare, proposti in forma complessa, affastellati uno vicino all'altro, gomito a gomito, diremo prosaicamente. Tra plastici e disegni, taccuini con schizzi a penna o colore, una voce registrata di ragazza declama senza interruzione decine di date e dati di tipo statistico: "in Italia, ci sono ...laureati ogni anno", "in Italia, il numero annuale di progetti autorizzati è...", "in Italia, la regione con il maggior numero di concessioni edilizie rilasciate è...", e così via. Ciò, come anche ben espresso nel foglio di presentazione all'esposizione che accompagna la visita, rappresenta con acutezza quel rumore di fondo che si sovrappone ale nostre vite di progettisti e di uomini e che disturba di continuo il "fare". Il notiziario continuo dei fatti ci distrae dai problemi e dalle soluzioni. E' una triste metafora mediatica e infine politica. E' la tristezza quotidiana di questi anni.
A proposito: non ho guardato per niente la televisione in queste settimane. Le notizie riescono ad arrivarti comunque, ti investono, ti coprono, anche se non le cerchi.
A Palazzo Cavalli Franchetti, a Venezia, ho visitato la mostra Stanley Kubrick fotografo 1945-1950. E' un'ottima occasione per vedere il magnifico scalone del palazzo e quindi le fotografie di un regista che usa gli scatti come fossero sequenze di tante storie da raccontare o solo in parte raccontate.
I grandi non si limitano mai alla sola immagine, all'icona fine a se stessa o allusiva, ma si sporcano le mani con il racconto, con le storie. Negli scatti dell'americano riscopro le facce dei personaggi dei film di Kubrick che saranno di lì a poco. Facce, modi espressivi che non esistono più, ormai cambiati dalle mode e dai costumi, ormai perse per sempre.
Il giorno 30 ottobre sono a Lucca per la Fiera internazionale dei Comics. Sono con Alessia e Walter Chendi. E' serata di premiazioni. Praticamente dalla scorsa estate (2009) ho visto nascere il romanzo a fumetti di Walter, La porta di Sion, edito poi da Edizioni BD nel gennaio 2010. Ne ho seguito a distanza il percorso. Restiamo in parte sorpresi (si badi non per la qualità del libro, ma per il fatto che ci sia stata gente capace di capirne la stessa qualità in questo sistema editoriale propenso a inseguire soltanto gli eventi, a seguire le mode e le etichette), quando Walter viene chiamato sul palco per ricevere il Premio Gran Guinigi 2010 per la Miglior storia lunga (graphic novel si dice nel giro degli intellettuali!). La porta di Sion ha vinto, ne sono contento. Anche Walter lo è e questo mi rende ancora più contento. Sul palco Walter dedica la vittoria a Vittorio Giardino. Mentre torno a sedermi in platea, dopo aver scattato alcune fotografie sotto il palco, durante la premiazione, vedo nella sala gente conosciuta con stampati in fronte gradi punti interrogativi. Credo faccia bene interrogarsi ogni tanto.Nella settimana di Lucca Comics 2010 è uscito in edicola il primo di una collana di volumi che raccoglie alcune tappe del lavoro di Sergio Toppi , edita dai Periodici San Paolo di Milano (Il Giornalino, Famiglia Cristiana), in collaborazione con il Museo Italiano del Fumetto e dell'Immagine di Lucca. La collana curata da Stefano Gorla e da Angelo Nencetti ristampa alcune storie e molte illustrazioni che il maestro Toppi ha editato nella sua carriera. Lo stampato è raccolto in volumi attorno a dei temi geografici: Africane, Mediterranee, ecc, riprendendo un progetto che già emerge nell'opera di Hugo Pratt. La cosa che più mi ha interessato di questa novità editoriale è che i curatori hanno voluto dare alle illustrazioni un filo conduttore che le accompagni, creando una sorta di metaracconto, di diario di viaggi possibili, sulle rotte dell'immaginario di un autore. Io credo che questo sforzo di abbandonare una rappresentazione esclusivamente fatta per immagini, il catalogo d'arte per intenderci, e riscoprire il senso della sequenzialità, del racconto appunto, sia un bene, in senso assoluto. E' forse un insegnamento riscoperto, a cui Toppi è abituato con il suo fumetto "etico", che tanto ho apprezzato negli anni e che oggi molti "giovani" autori, che si credono artisti e tanto adorano i "diritti" e così poco i "doveri" dell'essere autore (il lavoro duro, prima di tutto), farebbero bene a rileggersi.