domenica 13 luglio 2014

Le mie scarpe

La mia curiosità verso le situazioni più disparate e verso le persone mi porta ad affrontare le esperienze più varie. Alcuni potrebbero pensare a questo comportamento come un malcelato presenzialismo, ma sinceramente il desiderio del mettersi in mostra è molto lontano da me, come processo mentale e indole, anche se non vi nascondo come tale atteggiamento non mi crei nessun problema mentale o timore. E' dunque più un desiderio di conoscere le cose per poterne parlare con consapevolezza, diciamo con 'soggettiva' consapevolezza. Non avevo mai partecipato, risultando completamente estraneo a quel mondo, ad una manifestazione che invece ha sempre prodotto in me grande interesse e simpatia. Si tratta di "Its. International Talent Support", giunto alla sua 13° edizione. Si svolge annualmente a Trieste e rappresenta un'occasione di visibilità per giovani creativi, designer, fashionist, messi in evidenza, tramite una selezione internazionale, alle maggiori case di moda, ai brand e simili. Dare sfogo ai "sogni lucidi" di ciascuno è il senso del contest che Barbara Franchin, direttore di ITS, propone ai giovani e a chi poi sulla moda e sul fashion sviluppa uno dei mercati più attivi e floridi dell'economia italiana e internazionale. Comprendere il senso di quel sogno mi ha stimolato, soprattutto per affrontare meglio le difficoltà spesso prodotte dal risveglio: la vita reale, l'odierno. La serata finale di ITS è qualcosa di assolutamente glamour, e soprattutto esclusivo, devi far parte della cerchia della cerchia della cerchia per accedervi, o lavorare a contatto con qualcuno che in quel mondo già lavora (gli sponsor, i partner, gli organizzatori). Devi essere l'ospite desiderato e invitato. Ho per questo accettato di rispondere alla chiamata del concorso organizzato da ITS e da il quotidiano il Piccolo, dal titolo "Qual'è il tuo sogno lucido?". Dieci biglietti per la sfilata messi in palio ai primi dieci classificati. Valevano le fotografie, i video, le parole, i disegni per descrivere uno stato di sogno cosciente, durante il quale si è in grado di poterlo indirizzare, mettendo alla prova le proprie aspettative. Io ho spedito questo, cioè una foto, che ho intitolato "Un gesto quotidiano".
Insomma, ho vinto, e così la serata del 09 luglio all'Hotel Savoia di Trieste sono stato reclutato per il ritiro del biglietto-premio, con tanto di foto del gruppo vincitore, poi apparsa sul quotidiano triestino (questa qui sotto), quindi la sera del 12 luglio, alla ex Pescheria, oggi Salone degli Incanti, ho potuto partecipare da spettatore ospite alla sfilata.
Sulla sera del 09 luglio va detta una cosa. Mi ha colpito come nella foto sembriamo tutti degli amici in vacanza. In realtà nessuno conosceva l'altro e la cosa più incredibile è che a nessuno interessava minimamente di chi fosse e cosa avesse proposto per l'occasione l'altro. Tantomeno interessava a chi ha distribuito i biglietti alimentare alcuna comunicazione reciproca. Questa cosa, che è propria di molte situazioni similari, mi ha sempre atterrito. La presa di coscienza che a nessuno importi veramente nulla della cosa in sè, ma che tutto risulti finalizzato alla comunicazione a terzi, a destinatari altri che stanno in luoghi virtuali esterni a noi. Le relazioni umane non ne traggono beneficio. Alcuni giorni dopo ecco la sfilata. Come per tutti gli eventi con delle limitazioni all'accesso c'è sempre un punto di vista 'da fuori' e un punto di vista 'da dentro'. Mentre aspetto di entrare valuto il primo. Risulta palpabile il desiderio di poter entrare da parte di chi non sarà della partita. Ma qualcuno di questi ha provato a fare il concorso? La speranza senza azione è sterile. Molte ragazzine sono lì nella speranza di avvicinare Mika (il cantante; ecco qui una sua foto scattata all'interno); molte resteranno deluse, qualcuna no.
Il valore del bigliettino verde che tengo in mano, con la scritta "Lucid Dream Ticket", assume con il passare dei minuti valori emozionali e di status sociale pazzeschi (i biglietti hanno colorazioni diverse per permettere di assistere alla sfilata da zone diverse delle gradinate; il verde è quello per gli ospiti esterni, l'elite dei nessuno nell'ambiente, quelli come me, con solo una quarantina di posti riservati a disposizione; va detto però che erano posti ottimi e si vedeva il tutto magnificamente). Superata la barriera tra il 'dentro' e il 'fuori' ti aspetta il 'paradiso'. La mostra degli oggetti progettati dai giovani designer (gioielli e artwork in genere), l'ambiente stilosissimo, la gente che ti circonda vestita con tutte le attenzioni del caso (la scarpa, il calzino, il bermuda, il tacco, il cappello, il rimmel diventano armi atomiche per una guerra di corpi sfiorati e sguardi). Anche all'interno vi sono separazioni ulteriori, un privè dove lo status si marca ancora, decretato dal prosecco servito agli ospiti illustri. Mika è assediato. Una fan non più giovane piange chiedendogli l'autografo. Poi ci si siede, la musica è ossessiva e piacevole. Poi le luci si spengono, partono video, partono parole scandite, iniziano le sfilate. I modelli camminano veloci.



Poi le premiazioni presentate dall'attrice Anita Kravos e i giovani creativi premiati. Si parla solo l'inglese. Quindi gli applausi finali. Poi tutti (gli altri) a sorseggiare vodka, mentre molti avvicinano i premiati per uno scambio, una foto (lo smartphone e la socialità online si esprime a livelli  mai visti). Esco e piove. Mi bagno, senza ombrello, passeggiando lungo le Rive solitarie e vuote di una Trieste come sempre bellissima. Una splendida serata. Veramente. Un'organizzazione perfetta, impeccabile, di grande spessore internazionale, senza nessuna sbavatura, come non ne ho viste quasi mai in Regione. Un clima allo stesso tempo affettato e affettuoso, distaccato e conviviale. Nessuno dice, "Ciao, come va"?, ma solo "Sei splendido? Anzi lo sei sempre?" Sei stato magnifico!", "Ti adoro!". Un galateo continuo della parola. Sono perplesso, ma sono stato benissimo. Risalendo in auto, mi bagno le scarpe in una pozzanghera. Le riconosco quelle scarpe, sono le stesse di sempre, sono le mie.