domenica 2 marzo 2014

Valvoline Motorcomics. autocelebrazione di una centralità

Quando Igor Tuveri, in arte Igort,  fondò ad inizio anni 2000 la sua Coconino Press, pubblicando da prima il volume Sinatra nella Collana Maschera Nera, in attesa di portare a compimento l'altra sua opera 5 il numero perfetto, si ebbe la sensazione che qualcosa stava infine mutando. Ancora Bologna, sempre Bologna, al centro del fumetto ideato e immaginato. Ma Igort si trasferisce a Parigi, immaginando per Coconino una specie di redazione doppia. Igort sapeva che il fumetto era là che andava valutato, nel bacino residenzial-fumettistico per eccellenza, quello della metropoli multiculturale francese. Nasce il rilancio italiano del concetto di letteratura disegnata promosso da Hugo Pratt fin dagli anni Sessanta; si ridiscute ancora una volta l'annoso falso dilemma dell'opportunità di una scelta tra fumetto popolare e d'autore. Si sposta il fumetto dall'edicola alla libreria specializzata, all'inizio, e poi di genere, cercando e trovando nuovi mercati. Si cade, nell'annoso errore di sentirsi inferiori culturalmente e di dover inseguire qualcosa o qualcuno: l'ultimo capitolo è la necessità di pubblicizzare un volume come Unastoria di GIPI come meritevole in quanto trasportabile nei criteri di valutazione della giuria del premio letterario Strega. E per molti si determina una cesura non sanabile paragonabile a quella tra letteratura per l'infanzia e letteratura: appare dal profondo delle coscienze il termine di graphic-novel. Dalle strategie degli anni Ottanta, un nuovo marchio mediatico per comunicare un prodotto.
Ma tutto questo  trova il suo inizio proprio negli anni Ottanta, con la nascita di due collettivi: uno più inconsapevole e al contempo sociologicamente collocato nel suo tempo, quello di Cannibale (1977) e Frigidaire (1980), e l'altro, molto consapevole e raccoglitore di nuove definizioni sociologiche, del Pinguino (1980) e quindi di Valvoline Motorcomics (1983), evolutosi poi nella Dolce vita (1987). Sul suo sito online Coconino Press si presenta proprio richiamando l'esperienza Valvoline: "Il programma, assecondato dal nume tutelare Oreste Del Buono che pubblicò i lavori di questi artisti (n.d.a. Igort, Jori, Carpinteri, Mattotti, Brolli, Kramsky, ma anche Burns, Mattioli e Baldazzini) sulle riviste Linus e Alter, era produrre un fumetto d'avanguardia e d'autore, capace di raccontare storie adulte e innovativo nella grafica, lontano dalla serialità e dai cliché della produzione di comics per ragazzi, capace di dialogare con altri linguaggi espressivi come arte, cinema, musica". Fu in effetti così, perchè il programma fumettistico si fece contaminare dalla società, dalle mode, e viceversa le contaminò, partendo dalle genialità di Stefano Tamburini e di Andrea Pazienza, superandone in parte la visione prevalentemente realistica (nel senso della volontà di essere specchio della realtà: la politica, la droga), per declinare la propria ricerca sull'approccio intimista/poetico delle storie e sulla centralità emozionale del disegno. Nel 1984, su Valvoline - Alter Alter, esce Fuochi di Lorenzo Mattotti e il fumetto italiano non fu più lo stesso.
Ieri, 01 marzo 2014, alla Fondazione del Monte, di via delle Donzelle, 2 a Bologna si inaugura la mostra Valvoline Story. Brolli, Burns, Carpinteri, Igort, Jori, Kramsky, Mattioli, Mattotti. I primi trent'anni dell'avanguardia a fumetti. Il titolo è di quelli che fa incazzare, perchè definisce una centralità avanguardistica nel senso sopra enunciato, che nessuno può mettere in discussione, ma che esclude mondi variegati e plurimi di persone che hanno portato il fumetto al 1980, prima che qualcuno ne raccogliesse le redini e favorisse un ulteriore scarto in avanti, ma all'interno di un processo che era "fantastico" già prima, specie se valutato a livello internazionale. Ok, "basta fiction, ora si racconta la vita", però.... Alle 17.30 circa di sabato 01 marzo, mentre a Bologna, lungo via dell'Indipendenza, scorre un corteo di manifestanti incazzati, che blocca il traffico di mezza città e che pretende giustamente un' Europa senza confini, e mentre a Palazzo Fava, a pochi metri da via delle Donzelle, una fila interminabile aspetta di vedere "dal vivo" la madonna pagana di Vermeer (La ragazza con l'orecchino di perla, dipinto inarrivabile ora al centro di una campagna mediatica senza fine), una componente organizzata di ARTeFUMETTO (R., F. e A.) aspetta di entrare all'inaugurazione della mostra Valvoline Story. E' un evento fumettistico, Igort l'ha voluta per celebrare il proprio ruolo all'interno di una cultura e quando alle 18.00 infine si entra, le persone presenti sono un numero tale da dargli ragione. Dentro, dopo una mezz'ora, puoi incontrare tutti coloro che un appassionato dell'arte sequenziale (giusto per mettere lì quel termine che Will Eisner ci regalò e che offre oggi giusto merito al fumetto in genere) avrebbe voluto. Ad un banco disegnano insieme (da sinistra a destra nella foto del nostro inviato) Carpinteri, Igort, Mattotti, Jori, Brolli e Burns.
Nelle sale puoi incontrare e chiacchierare con Massimo Mattioli e Massimo Giacon (nella foto), Vittorio Giardino, Giuseppe Palumbo, Vanna Vinci, Francesca Ghermandi, Marco Nizzoli e vai, vai, vai... E' Bologna, una delle capitali del fumetto, dove è nata metà dela cultura che mi appartiene, nel suo bene e nel suo male. Massimo Mattioli, al quale ARTeFUMETTO si inchina, mi dice che non erano loro (i cannibali) ad essere eccezionali, ma erano quegli anni (il famigerato 1977) ad avere una spinta in più, era la realtà dei luoghi e del tempi.
Lo saluto Mattioli e valuto i suoi settanta anni e passa dietro delle movenze da punk. Capisco che siamo di nuovo ad una svolta, che come succede sempre nei cicli e controcicli della Storia siamo (di nuovo) alla fase di stanca, che richiede (di nuovo) un forte e immenso spunto underground, per ricominciare tutto, per salire ancora e quindi inevitabilmente scendere.