domenica 4 agosto 2013

La forza di una condanna

Tempi di condanne, tempi di forzature. La condanna a cui mi riferisco potrebbe essere quella giunta in questi giorni a Silvio Berlusconi, che vado a nominare in queste pagine per la prima volta, e me ne meraviglio. La forza potrebbe essere quella, mediatica, di Silvio Berlusconi (seconda volta). Potrei sottolineare che mi colpisce che il capo carismatico della destra italiana chieda, da condannato, la riforma della giustizia, concordando pienamente con la richiesta del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che, nel pretendere rispetto per la magistratura, comunque la auspica (è nei comunicati ufficiali). Mi potrei chiedere quanti cittadini italiani si siano sentiti in questi ultimi decenni vittime di errori giudiziari; quante volte innumerevoli persone abbiano auspicato un adeguamento dei metodi (modi e tempi) della Giustizia in Italia. Potrei sottolineare, quindi, come solo ora che il suddetto Silvio Berlusconi (terza volta) ne è rimasto ipoteticamente vittima emerga  scontata una rapida riforma della giustizia in Italia. Risulta tale spirito alquanto elusivo della cosidetta "Legge uguale per tutti". Mio nonno diceva: "Uguale per tutti sul muro, ma non in pignatta!", nella pentola, cioè. E interessante sarebbe sottolineare pure quel videomessaggio dove il suddetto, a condanna espressa, sottolineava come fosse maturo il tempo di mettere insieme di nuovo (pescando tra gli imprenditori, i giovani, ecc.) i migliori, nell'auspicio di rifondare nuovamente Forza Italia. Sarebbe qui utile comprendere il significato di "migliori", che sembra richiamare ai potenti della Grecia antica, poiché ci aiuterebbe a definire anche i "peggiori", differenziando così in maniera scientifica tra cittadini, a dispetto della presunta uguaglianza che una democrazia dovrebbe garantire. Ecco potrei parlare di ciò, ma qui la condanna non è quella di cui sopra, e la forza nemmeno. Mi interessava invece la forza con cui è stato idealmente condannato da molti uomini di sinistra il pensiero del cantautore Francesco De Gregori per la sua intervista rilasciata ad Aldo Cazzullo e pubblicata sul Corriere della Sera del 31 luglio 2013. Io credo che due passaggi vadano riportati, poiché potrebbero risultare utili per un'analisi generale. Nell'intervista il cantautore, uomo storico della sinistra italiana, ma credo anche uomo libero nel pensiero, risponde alla domanda "Ma secondo lei cos’è oggi la sinistra italiana?":
«È un arco cangiante che va dall’idolatria per le piste ciclabili a un sindacalismo vecchio stampo, novecentesco, a tratti incompatibile con la modernità. Che agita in continuazione i feticci del “politicamente corretto”, una moda americana di trent’anni fa, e della “Costituzione più bella del mondo”. Che si commuove per lo slow food e poi magari, “en passant”, strizza l’occhio ai No Tav per provare a fare scouting con i grillini. Tutto questo non è facile da capire, almeno per me».
E poi.
"...Ma viene il momento in cui la realtà cambia le cose, bisogna distaccarsi da alcune vecchie certezze, lasciare la ciambella di salvataggio ed essere liberi di nuotare, non abbandonando per questo la tua terra d’origine. Non ce la faccio più a sentir recitare la solita solfa “Dì qualcosa di sinistra”. Era la bellissima battuta di un vecchio film, non può diventare l’unica bandiera delle anime belle di oggi. Proviamo piuttosto a dire qualcosa di sensato, di importante, di nuovo. Magari scopriremo che è anche di sinistra". Sono frasi aspramente criticate, perchè provenienti da una figura amica.
Credo siano queste analisi importanti, da valutare con stima e non indicare, a prescindere, con ipotesi di colpevolezza. La "crisi" è separazione, magari temporanea, anche dalle proprie convinzioni. Il pensiero critico però aiuta.
Mi sovviene anche un altra questione, qui a margine, che forse apparirà poco pertinente, ma non lo è affatto, secondo me: la Democrazia che ci siamo dati e scelti in questo paese è del tipo rappresentativo. Non ancora quindi del tipo esclusivamente diretto. Quindi mi aspetto, dai "migliori", decisioni prese con responsabilità a fronte della rappresentanza concessa. Non si guardi sempre a destra e sinistra o diritti, ma si scelga con fermezza e convinzione, permettendo a noi cittadini una pace interiore data dalla consapevolezza di aver scelto con giudizio.