venerdì 10 settembre 2010

Umanesimo

Ho visitato a Trieste una piccola mostra di pittura (alla Sala Comunale d'Arte di piazza dell'Unità d'Italia). Il pittore è una persona che conosco, per essermi confrontato con lui durante il mio lavoro come architetto. Il pittore è un architetto. Si chiama Ruggero de Calò, nato a Trieste, classe 1954. La mostra è molto interessante. E' sicuramente una delle più significative esposizioni di lavori pittorici, nati da un architetto contemporaneo, mi sia capitato di vedere. Sono i suoi dei paesaggi. Nelle didascalie alle opere l'autore unisce spesso la nota Architectural a quella di Landscape. Architectural 2 landscape e Architectural-Iceberg (se non ricordo male) sono le due opere che mi hanno colpito maggiormente. Quando vedi degli architetti dipingere, l'"oggetto" viene sempre definito tramite rimandi diretti alla rappresentazione o alla composizione: la realtà urbana o l'immaginato progettuale (surrealista a volte, come per Massimo Scolari o Cantafora, lo stesso Aldo Rossi) vengono sempre ricondotti ad un piano descrittivo. Nei quadri di de Calò esiste una libertà completa nella rappresentazione del contesto paesaggistico, dove l'"architettura" diviene solo richiamo, per appartenere contemporaneamente al mondo dell'esistenza e della creazione: è una rappresentazione emotiva che coglie il momento della fusione delle cose, dove l'architettura non è ancora tale; sussiste come nota in un paesaggio, che però al contempo è già violato. E' una scelta pittorica resa all'interno di una cultura dell'informale e a volte espressionista, che dimostra di aver digerito parte della ricerca di un altro triestino, quel Nino Perizi scomparso nel 1994, la cui opera pittorica è sparsa negli edifici pubblici e privati di Trieste.
De Calò ha lavorato molto come architetto sul paesaggio e su restauro architettonico e urbano e la fusione a cui mi riferivo rende bene questa sua ricerca a far sì che il costruito, la sua fisicità, possa integrarsi, coesistendo, in perfetta simbiosi evolutiva con il contesto, spesso naturale.
Ciò che mi premeva qui sottolineare è però una nota contenuta nella presentazione della mostra che Marianna Accerboni regala all'autore nel volantino di comunicazione dell'esposizione. Dice: "...incarna (l'architetto-pittore) le qualità dell'architetto umanista, la cui professione contribuisce ad ampliare i suoi interessi verso molteplici aspetti creativi e culturali."
E' questa la condizione di architetto che apprezzo, a cui aspiro: la condizione di persona coinvolta e non estranea, viva e fremente e non frenata. Impegnata perché affascinata e di conseguenza capace di vedere e descrivere.
Credo che questi tempi abbiano bisogno di "umanesimo", naturalmente oltre ad una non ipocrita "umanità".