venerdì 27 gennaio 2012

Memoria, ricordo...nulla

Oggi è il Giorno della Memoria, sancito da una legge del Parlamento italiano, legge n. 211 del 20 luglio 2000 (ecco un link, http://www.parlamento.it/parlam/leggi/00211l.htm perché è sempre meglio andare alla fonte). Tra l'altro questo giorno viene celebrato anche su iniziativa dell'ONU dal 2005 (altra fonte http://www.un.org/en/holocaustremembrance/docs/res607.shtml). In Italia sono meno di 500 le persone insignite dell'onorificenza di Giusti tra le nazioni (non ebrei, che hanno salvato con atto eroico anche solo una vita ebraica). In Italia sono moltissime le celebrazioni attuate in questo giorno per ricordare un fatto umanamente "pesantissimo" da sopportare. Ho già parlato su queste pagine di questa giornata. E' un dovere averla resa tangibile. L'ONU nella sua risoluzione la definisce International Day of Commemoration in memory of the victims of the Holocaustre. L'ONU è molto preciso nel qualificare il contenuto della commemorazione. In Italia giustamente la traccia è più aperta. Giorno "...in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti". Tutti. In Italia c'è anche un'altro Giorno della memoria, il 9 maggio, istituito con legge n. 56 del 04 maggio 2007 (fonte: http://www.parlamento.it/parlam/leggi/07056l.htm), "...dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice". Inoltre, importante e non ultimo, sempre in Italia c'è il Giorno del ricordo (fonte:http://www.camera.it/parlam/leggi/04092l.htm), "...in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale e concessione di un riconoscimento ai congiunti degli infoibati". Cade il 10 febbraio, ed è stato istituito con legge n. 92 del 30 marzo 2004. Insomma, in Italia si ricorda per legge. Ovviamente chi ha vissuto direttamente, ma credo ormai sempre più (per questioni di età) indirettamente, alcuni dei fatti espressi sopra, non ha bisogno di leggi. Costoro ricordano perché hanno qualcosa di celato dentro, che spinge. A loro spetta far capire agli altri quanto spinge; da qui l'opportunità di ascoltare, per poi tramandare, e quindi non dimenticare. Sono memorie o ricordi vissuti continuamente, ogni giorno e non un giorno in particolare: sono memorie "interne", portate "dentro". In queste settimane, assieme all'amico Walter Chendi, abbiamo partecipato ad alcuni incontri di presentazione del volume SessantaQuaranta (fonte: walteroby.blogspot.com/). Si è parlato molto, con i moderatori e con qualcuno del pubblico intervenuto, di memoria e anche di ricordo. Credo personalmente che siano cose diverse: la memoria è atto collettivo ancor prima che privato; il ricordo è atto anche individuale oltre che a volte collettivo. Sembra uno scioglilingua, ma io noto delle differenze nell'uso delle parole. Comunque noi, negli incontri, abbiamo parlato di entrambi, interessati specialmente a quando un ricordo individuale può essere o divenire anche memoria, ovvero espressione di tutti, generazionale o culturale. Da uno spunto di Walter, che il libro riporta in nota (ovvero che l'uso odierno della macchina fotografica digitale determina migliaia di immagini e ricordi archiviati da qualche parte, a differenza della vecchia pellicola e i vecchi album fotografici, dove in una cinquantina di foto o poco più trovava espressione tangibile un'intera esistenza personale e familiare), ho elaborato la convinzione che l'uomo sia destinato alla perdita non credo dei ricordi, ma temo della memoria. Se facciamo caso oggi il mondo digitale ci porta all'uso di decine di sistemi di archiviazione: server, hard disk, chiavette usb, telefonini magici multifunzionali, ecc. ecc.. Sono queste forme di archiviazione esterne a noi, al nostro pensiero; un escamotage per non portarsi tutto dentro, o appresso, o nella coscienza. Quando "scarichiamo" dei dati nelle varie detinazioni concesse, è però come se ci lavassimo non solo un pò di polvere, ma anche se ci pulissimo dalla "dorata patina del tempo" di ruskiniana memoria. E così, mentre i ricordi si slegano sempre di più da noi, nell'incapacità di rifletterli e quindi metabolizzarli in profondità, ci restano attorno invece scatole piene, che nel loro valore di substrati, privi di sintesi critica, fanno massa, ma non fanno memoria. Abbiamo giustamente bisogno di "giorni" dettati per legge, ma la memoria resta fatto interno, con il quale doversi sporcarsi le mani, e l'animo. Inoltre, mi sovviene, a dimostrazione che la memoria risulti sempre di più un fatto individuale e non collettivo è sancito proprio dall'esistenza di tre leggi, usate strumentalmente per qualificare, apponendo così differenze ad imbarazzanti uguaglianze, lo stesso atto etico, che imporrebbe invece il rispetto per l'uomo, indipendentemente dalla sua storia.

domenica 22 gennaio 2012

Le strade dello "spirito"

Mi appassionano le strade tortuose affrontate dalle persone nella loro ricerca continua del benessere. Un benessere fisico e soprattutto psicologico. Non mi sorprende come alla fine di ogni ricerca terrena, spesso infruttuosa, considerato che ognuno è sovrastato da un declino psico-fisico inesorabile e dal cosidetto "scontro quotidiano" che appesantisce e sfinisce a volte le aspettative, altre volte le aspirazioni, si arrivi quindi ad un confronto con l'"oltreterreno". Con quanto è meno spiegabile e che quindi garantisce speranze. La speranza evangelica cristiana si manifesta ad esempio nella croce, nel dolore, ed è un invito a non fuggire verso un futuro consolatorio, anche se il presente è a dir poco insopportabile. Reminescenze, di cose che capisco poco e che forse ho poco riflettuto, ma mai trascurato, di certo non per il semplice piacere della parola grave. Potremmo cadere in discussioni infinite, che poco ci aiuterebbero a dare un senso alle nostre giornate: mi è stato detto un giorno da un parroco mio cliente (ristrutturavo una piccola chiesa), che per coloro che hanno maturato dentro di sé la decisione che Gesù non è il Messia, nessuna dimostrazione sarà mai convincente; ma per tutti quelli che portano il ragionamento al suo opposto l'evidenza parla da sè. Va bhè, tralasciamo di entrare nello specifico e direi rispettiamo chiunque in quanto uomo, prima di tutto, e assieme alla sua fisicità anche i suoi pensieri. E questo ci garantisce a tutti un fare forse non "oggettivamente giusto", ma di certo nemmeno "soggettivamente ingiusto". Ma nell'etere le aspettative non calano solo perché vogliamo abbandonare alcuni pensieri filosofico-religiosi: le persone si trovano sempre a cercare qualcosa d'altro, "quello che non c'è" (o che non si ha), forse deluse da quello che invece c'è (o che si ha). E ognuno matura le "fedi" più strane, confondendo la fiducia con la passione. Ecco quindi a voi un piccolo resoconto testuale e fotografico (estrapolato nell'ironia delle cose raccontate o mostrate) di ciò a cui l'uomo medio si abbandona per soddisfare ad un vuoto, qualsiasi esso sia o gli si presenti davanti. Religione, passione, convinzione, illusione, fuga. L'uomo però va sempre capito e soprattutto non deriso, non lasciato solo. E non ho parlato di calcio, di auto, di...
Tutti chiusi in piccoli mondi, estrapolando Salinger a caso e immotivamente, come sempre succede, da i Nove racconti, "cantavano senza accompagnamento strumentale, o per meglio dire, senza nessuna interferenza".

(nelle foto, nell'ordine: la Biennale a Venezia (Arsenale); Emilio Vedova nel suo atelier, in una foto ai Magazzini del Sale a Venezia; i segni zodiacali in una scultura nel giardino di Ca' Rezzonico a Venezia; le botteghe alimentari a Bologna (vicino via Clevature); un articolo apparso sul quotidiano
il Piccolo a dicembre 2011 (vorrei conoscere il giornalista...); una maglietta in una vetrina a Lucca; Art Spiegelman premiato a Pordenonelegge del 2010; un graffito su di una colonna della recinzione della fu Villa Albani a Roma; un disegno di Gary Frank per Superman (copyright DC Comics e dell'autore); in una vetrina in Toscana capeggia una maglietta iconica con Gianni Agnelli)